Quando, nel 1994, apparve
American Recordings, il primo disco che segnava la collaborazione tra
John R Cash e Rick Rubin, nessuno dava ormai più molto credito all'uomo in nero. Ora, a settanta anni compiuti, Cash è di nuovo considerato un grande. Sono bastati quattro dischi: American Recordings,
Unchained ('96) e, dopo la malattia,
American III: Solitary Man ('00) e questo nuovissimo
American IV: The Man Comes Around.
Né dobbiamo dimenticarci il live acustico con Willie Nelson,
VH1 Storytellers ('98). Cosa ha fatto Rubin per rivitalizzare la figura di Cash? Gli ha dato un suono. Al resto ci ha pensato la voce, sempre intensa e profonda, che ha creato il mito dell' Uomo in nero. Rubin ha messo pochi strumenti dietro alla sua voce, talvolta la sola chitarra, ed ha evidenziato le formidabili qualità vocali di Johnny. Una scelta oculata del repertorio da interpretare e qualche ospite hanno fatto il resto. Cash ha basato la carriera sulla sua voce e, sin dagli anni cinquanta, si è costruito un suono personale: voce profonda, chitarra molto ritmata ed il classico suono del basso e batteria (il mitico boom chicka boom) dietro le spalle.
Un suono che aveva poco a che spartire con Nashville e con il country classico, ma che aveva profonde radici nel rock and roll e nell'honky tonk. Poi Johnny è andato a fondo ed ha portato alla luce brani tradizionali del west, canzoni dei pellerossa, ballate epocali, radici folk e, buon ultimo, è diventato anche un eccellente autore. Questo basta a spiegare la sua incredibile longevità artistica che, a settanta anni compiuti, lo vede ancora in piena attività.
American IV è un disco intenso e completo, il migliore dei quattro. Tolto il primo che aveva sorpreso con il suo suono asciutto che evidenziava così bene la voce, questo ha un equilibrio perfetto tra voce e scarna strumentazione. E, ancora una volta, la scelta dei brani interpretati è vincente.
Rubin gli ha tolto la patina antica e tradizionale che avevano le registrazioni di Johnny degli ultimi venti anni e gli ha fatto cantare cose che non avrebbe mai sognato. Al punto che i dischi di Cash non sono più diretti ad un pubblico di consumatori oltre i cinquanta anni, ma ad una platea eterogenea, anche di giovani, visto che ci sono canzoni di gente come
Depeche Mode, Nine Inch Nails, Sting, U2, Tom Petty, Nick Cave, Will Oldham, Soundgarden, Beck. Ma Cash è un interprete formidabile e sa rendere sua qualunque canzone: ascoltando i suoi dischi infatti si distingue a fatica una sua composizione da una di quelle dei musicisti di altre generazioni.
The Man Comes Around è uscito all'inizio di ottobre in vinile. Si tratta di un doppio LP che contiene due canzoni in più rispetto al CD: una versione struggente di
Wichita Lineman (di Jimmy Webb) ed una straordinaria rilettura di
Big Iron (un classico di Marty Robbins). Ma ora ecco il disco, che supera largamente i cinquanta minuti.
The Man Comes Around è una nuova composizione di Johnny, una sorta di gospel blues di grande presa, in cui la voce possente è supportata dalle chitarre di Randy Scruggs e Smokey Hormel (Beck e Tom Waits) e dal piano pulsante di
Benmont Tench.
Una canzone gotica, piena di mistero, ma dal fascino irresistibile, punteggiata dagli strumenti (Tench usa il piano in modo splendido), ma dominata dalla grande voce dell'autore.
Hurt(di Trent Reznor) ha perso le peculiarità dei Nine Inch Nails per diventare una ballata asciutta e profondamente triste: ancora due chitarre, Hormel e Mike Campbell, ed il piano di Tench a supportare la voce.
Give My Love to Rose è un vecchio classico del nostro. Rubin lo ha riarrangiato in modo spartano, con l'organo di Tench e le chitarre di Campbell ed Hormel a fare da cornice. Ma è la voce che giganteggia e ritrova antichi splendori e umori country folk.
Bridge Over Troubled Water, proprio il classico di
Paul Simon, viene rifatto in maniera straordinaria.
Cash si pone sullo stesso piano qualitativo di Elvis Presley e rilegge la sontuosa ballata di Simon&Garfunkel in modo splendido, aiutato dalla seconda voce di
Fiona Apple, dal piano di Roger Manning e dalle chitarre di Hormel e Campbell. Il gioco delle voci, tenue quella di Fiona, poderosa quella di Johnny, è emozionante.
I Hung My Head è di Sting, ma sfido chiunque a riconoscerla in questa versione stringata, dal suono secco, con piano e chitarre (c'è anche Marty Stuart) a creare l'alveo per la voce. Cash la fa diventare sua e la canzone ha una notevole base melodica, specie nel ritornello. Soliti musicisti di contorno per
First Time Ever I Saw Your Face, uno standard folk irlandese di
Ewan MacColl, che perde la sua forma originaria per trasformarsi in una ballata lenta e drammatica. Non avrei mai pensato di apprezzare una canzone dei Depeche Mode, ma dopo avere ascoltato questa versione di
Personal Jesus debbo ricredermi.
Non sui Depeche, ma sulla canzone, anche perché Cash, coadiuvato da John Frusciante, Smokey Hormel e Billy Preston, la ha rigirata da capo a piedi. Bella e profonda l'interpretazione di
In My Life dei Beatles. Coi soliti noti alle spalle, Johnny la fa diventare una canzone rarefatta e quasi cameristica.
Sam Hall e un'altra nuova composizione del nostro. Una ballata di impianto epico, una storia, come Cash ha sempre scritto nel corso della carriera. Campbell ed Hormel ci danno dentro con le chitarre, il brano ha un bel ritmo, mentre Manning e Tench creano la base. Una ballata d'altri tempi, ma suonata in modo attualissimo.
Danny Boy è un classico del passato, uno di quei brani la cui origine si perde nella notte dei tempi. La solita voce e la canzone, che narra di lontananza, nostalgia, solitudine. Cash è da solo, con l'organo di Tench alle spalle, e l'esecuzione è da pelle d'oca. Inattesa la rilettura di
Desperado, che si avvale della doppia voce di Don Henley.
Cash la rifa in modo spoglio, ma non perde la melodia originale, e relega gli strumenti dietro alla sua voce, ma il duetto con Henley è emozionante. Altro duetto da brivido è
I'm So Lonesome I Could Cry (di Hank Williams) con
Nick Cave. Cave ha una voce profonda ma, quando appare quella di Cash, la sua passa in secondo piano. Grande versione comunque, con il piano di Tench e due chitarre a tessere una melodia memorabile.
Tear Stained Letter, nuovo brano del nostro, è l'unica con una batteria. Una ballata country dalla struttura semplice che si avvale di un buon ritornello e di un accompagnamento solido, con Randy Scruggs, Billy Preston, Joey Waronker (REM) e Kerry Marx. Altra reminiscenza del passato è
Streets of Laredo.
Si tratta di una ballata tradizionale che risale al 1800, una vera western song. Cash, che l'aveva già incisa in passato, regala una interpretazione sontuosa, tutta giocata sulla sua voce inimitabile, sulla melodia struggente, e su pochi strumenti: chitarre, piano e violino (Laura Cash). Chiude il disco la ripresa di una composizione del periodo post bellico, una melodia nostalgica e piena di malinconia,
We'll Meet Again, che il nostro canta con la famiglia, supportato dal violino di Laura, dal dobro di Cowboy Jack Clement e dal clarinetto di Terry Harrington.
Un capolavoro.