LUCERO (Tennessee)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Buone nuove dal fronte sudista, che sembra non conoscere crisi nel proporre in continuazione talenti avvezzi a sovvertire le regole prestabilite della tradizione. I Lucero sfoderano una tensione palpabile in ogni singola nota del loro secondo sorprendente lavoro, collocato mirabilmente al crocevia tra limpido linguaggio alternativecountry, depressione rurale (con bilanciati inserimenti di banjo e lap steel) e vorticose chitarre rock'n'roll. Stabilito un fruttuoso sodalizio con Cody Dickinson (figlio del noto produttore Jim e membro riconosciuto dei North Mississippi All Stars), produttore del disco in questione, questi quattro ragazzi originari di Memphis dedicano una personale ode alla propria terra dal titolo inequivocabile, Tennessee, in cui aleggiano contorte storie d'amore, desolazione, abbandoni e nostalgia. Sono i fantasmi che affollano l'insolito ed interessante songwriting di Ben Nichols, voce solista e fulcro delle inquietudini che dominano la musica proposta dai Lucero.
Il Sud che ci racconta non prende strade maestre e conosciute, rifugge dai luoghi comuni, anche musicali, di una band nata e cresciuta in una terra che porta con se l'anima del rock'n'roll. Rinchiusi per sole due settimane negli studi Zebra Ranch (di proprietà dei fratelli Dickinson) a Coldwater, Mississippi, ne sono usciti con una tale febbricitante ispirazione, da collocarli di diritto tra le rivelazioni più seducenti della stagione in materia di rock provinciale.
I motivi di tale entusiasmo si svelano fin dalle prime note di Sweet Little Thing: Nichols canta con una spina nel cuore, una voce ringhiosa e in balia della sofferenza, mentre la band alterna pause acustiche e scrosci improvvisi di eletricità (le chitarre di Brain Venable), rileggendo con intelligenza i dettami del suono no depression. Non si tratta dunque di un gruppo dal linguaggio rivoluzionario, semmai di un insieme di musicisti che ha saputo crearsi nel giro di soli due dischi una personalità unica. Malinconico ed inquieto, Tennessee si contorce costantemente attorno a ballate strazianti e notturne (Slow Dancing, I'll Just Fall, con uno struggente arrangiamento per violino sullo sfondo), che filtrano le tradizionali radici country (il passo classico di Ain't So Lonely o la breve marcetta old-time di Old Sad Songs) con un forte senso di epicità (Nights Like These, Into Your Eyes) ed una carica emotiva senza alcun filtro, grezza e spudorata (la torbida Chain Link Fence, ponte d'unione con una band molto affine, gli Slobberbone).
In preda alla solita smania di catalogare tutto, qualcuno ha persino coniato per i Lucero il termine di "emotional alternative-country": serve se non altro a mettere in luce l'amarezza che pervade l'atipica Fistful of Tears, splendida ballata per sola voce e piano, la gemella Darby's Song, in cui Nichols più che cantare, mormora e si tortura, o la lunga travolgente cavalcata elettrica di Here At The Starlite, attraversata da orizzonti desertici e chitarre alla Zuma (Neil Young e chi se no?), vero e proprio capolavoro del disco, in un crescendo che toglie il fiato. Da seguire con estrema attenzione.