HAYES CARLL (Flowers and Liquor)
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  Recensione del  31/03/2004
    

I giovani artisti che frequentano la scena musicale texana e sono agli albori della loro carriera, hanno sicuramente molti buoni punti di riferimento a cui guardare: nomi come Guy Clark, Steve Earle, Townes Van Zandt, Eric Taylor, Joe Ely (ma la lista in realtà è ben più lunga) rappresentano infatti non solo un modello a cui ispirarsi ma anche una presenza talmente avvertibile che è in pratica impossibile non tenerne conto o sottrarsi all'influenza. Hayes Carll, per esempio, è stato spesso paragonato dalla stampa locale a Townes Van Zandt ma le analogie sono soprattutto di carattere biografico: come lo scomparso cantautore, Hayes è originario di Houston ma ha speso parte dell'adolescenza in Arkansas dove, con qualche difficoltà, ha completato i propri studi; per qualche tempo inoltre ha preso dimora in una specie di capanna sulle colline nei pressi di Nashville, ed infine ha trascorso gli anni più recenti della sua vita in una catapecchia di Crystal Beach, nella penisola di Bolivar che si trova nella baia di Galveston, Texas.
Lo stesso Hayes del resto sostiene che Townes è stato uno dei suoi primi amori musicali ed è proprio grazie al lui e Bob Dylan, di cui ascoltò per la prima volta le canzoni in chiesa quando era un adolescente, che è stato spinto a percorrere le strade della musica. Tuttavia, dovendo cercare dei punti di riferimento nel suo modo di fare canzoni, mi sembra che gli artisti a cui più si avvicina questo giovane cantautore siano Robert Earl Keen Jr. e Joe Ely. In "Flowers And Liquor" in effetti ci sono un paio di ballate acustiche - nella fattispecie Richey Lee, Live Free Or Die e soprattutto l'intensa Arkansas Blues - in cui l'accompagnamento è fornito dalla sua chitarra o poco più.
L'aria che si respira più in generale è in infatti soprattutto intrisa di umori country e rock, miscelati con una certa sapienza ed arricchiti da arrangiamenti non troppo complessi ma senz'altro pertinenti e compatti: sono perlopiù le chitarre e la sezione ritmica, a cui occasionalmente si aggiungono dobro e fisarmonica, a sostenere la bella voce di Hayes, una voce che sa fumo ed alcool e non si direbbe affatto appartenere ad un ragazzo di soli ventisei anni. Pur essendo al debutto discografico, il giovane artista in effetti appare in possesso di una sorprendente maturità, che talora sembra persino sfiorare la spavalderia, ma che semmai va considerata più semplicemente come consapevolezza delle proprie virtù musicali.
In "Flowers And Liquor" infatti mostra di saper imprimere una considerevole impronta melodica alle proprie composizioni, che di certo sono gradevoli e facilmente memorizzabili, e di essere in grado di mettere a frutto quanto avvenuto nella sua breve ma già intensa vita per dare corpo a liriche quantomeno interessanti: sono le sue esperienze personali che segnano, almeno in tal senso, alcuni degli episodi più riusciti di questo debutto, specialmente quelle in cui parla di relazioni con gli altri, come nella splendida It's A Shame, Easy Come Go, la già citata Richey Lee e Naked Checkers.
In altri momenti Hayes si occupa, con una certa capacità descrittiva, di luoghi che ha visitato o in cui è vissuto, ed il caso di Hwy 87 e Barroom Lament, ma più in generale le sue storie affrontano temi che il cantautorato texano conosce molto bene: l'amore, l'alcolismo, il sesso, le delusioni della vita. Prodotto ottimamente da Lisa Morales, che insieme alla sorella Roberta appare di tanto in tanto ai cori, "Flowers And Liquor" ci consegna dunque dodici notevoli canzoni (con una sola cover, Live Free Or Die, di Bill Morrissey) da un nuovo talento del quale non è difficile supporre avremo ancora la possibilità di sentire o leggere il nome nel prossimo futuro.