Di solito quando vengono scoperti dei nastri, incisi all'inizio della carriera, ci si trova di fronte a delle canzoni appena abbozzate che, raramente, danno l'idea di quello che avrebbe potuto fare l'artista in seguito. È abbastanza raro il caso che questo tipo di registrazioni abbia già la qualità di quelle che poi lo hanno reso famoso. Ma questo non è il caso di
In The Beginning, un disco che ci mostra Townes Van Zandt alle prime armi in sala di registrazione, nel lontano
1966, più di due anni prima del suo esordio conosciuto,
For the Sake of The Song.
Ma Townes è già un musicista completo, le canzoni sono vere ed il disco suona in modo splendido. Quindi
In The Beginning diventa un disco essenziale, da avere assolutamente. Registrato a Nashville sotto la guida di
Cowboy Jack Clement, un uomo di grande esperienza, tutt'ora attivo malgrado l'età (se non erro dovrebbe avere 72 anni),
In The Beginning ci presenta un artista già pronto per il grande salto. Anzi sono dell'avviso che questo album ha dei punti in più rispetto a
For the Sake of the Song e
Delta Momma Blues, due dischi più che consolidati del nostro.
È sorprendente sentire queste ballate voce e chitarra, piene e calde, profonde e coinvolgenti, eseguite da una voce già adulta e suonate con piglio sicuro, se si considera che il texano entrava per la prima volta in uno studio di registrazione. Il perché non sono mai state edite in precedenza dipende dal fatto che Jack Clement aveva perso le tracce dei masters e, dopo le insistenze di Jeanene Van Zandt (su suggerimento del marito), Clement le ha finalmente trovate.
Un disco emozionante, che tocca nel profondo, e che ci mostra il lato migliore del cantautore. Ballate scarne, triste, interiori, che parlano di losers, luoghi persi nella memoria, giocatori, vagabondi senza dimora. C'è il microcosmo di Van Zandt, le sue similitudini con Hank Williams (
Waitin' For The Day), la sua parziale vicinanza a Dylan (il country blues
Black Jack Mama). Townes canta con quella voce da vecchio testamento, pesando le parole e lasciando scorrere le dita sulla chitarra, e crea una atmosfera unica, personale, intima, che solo un grande artista riesce a creare. Non ci sono alchimie, trovate particolari, sovraincisioni, niente di tutto questo. Solo Van Zandt, la sua voce, le sue canzoni, la sua chitarra.
Ed il disco, che conta dieci ballate, è tutto in queste poche frasi. Il resto lo dovete fare voi. Ascoltatelo, scopritelo, fatelo vostro. È l'ultimo pezzo che mancava al puzzle, alla storia tragica ma affascinante di un hobo, di un solitario, di un musicista straordinario. Dieci canzoni,dieci acquarelli tristi, dieci storie struggenti, dieci ritratti senza speranza. È il mondo di Townes, quello che abbiamo imparato ad amare negli anni settanta e che abbiamo via via fatto nostro negli anni seguenti.
Un mondo rappresentato da canzoni come
Black Widow Blues, elettrica,
Marietta's Song, splendida, che ha già in nuce il suono e le melodie che lo hanno reso grande. Valzer tristi, blues struggenti, canzoni disperate:
Hunger Child Blues, ancora elettrica,
Gypsy Friday altra grandissima composizione che trae le sue origini da Dylan,
When Your Dream Lovers Die, un valzer texano profondo e affascinante,
Colorado Round,
Big country Blues, sino alla chiusura maestosa con
Black Crow Blues. Registrazione eccellente e packaging splendido, con foto rare, tutti i testi e quadri dipinti dall'autore.