TERRY ALLEN (Amerasia)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/03/2004
    

Gli elicotteri che si sento no in Amerasia sono gli stessi di Apocalypse Now e l'aereo abbattuto in copertina non lascia spazio a dubbi di sorta: è la linea d'ombra della guerra in Vietnam quella che, con questo disco, ha attraversato Terry Allen. Una colonna sonora realizzata per un film che non è mai stato ultimato. Come nota, non senza una certa arguzia, David Byrne nelle note di copertina è appropriato perché Amerasia è una specie di concept album dedicato a qualcosa, comprese persone e luoghi, che è scomparso per sempre. Amerasia, concetto coraggioso fin dal titolo s'infilava, a cavallo tra il 1984 e il 1985, esattamente tra due visioni simili e opposte della guerra del Vietnam: quella di Rambo, l'eroe incompreso nella cui dignità avrebbero dovuto riscattarsi tutti gli americani e, a distanza di pochi mesi, quella lucida e amarissima di Born In The U.S.A..
Terry Allen propone una prospettiva più complessa, sviluppando un intreccio tra frammenti di musica asiatica, con la Pahandle Mystery Band, andando a suonare a Bangkok, con musicisti thailandesi. Un viaggio per capire, per cercare delle risposte, non certo in cerca di emozioni proibite o suggestioni culturali esotiche, ma proprio per affrontare le suggestioni, la cultura, le emozioni di un popolo, di un mondo che una follia totale ha trasformato in un nemico. Uno sforzo ammirevole, se si pensa alla spaccatura verticale, netta, violenta che è stata la guerra del Vietnam per gli Stati Uniti. Dal punto di vista squisitamente sonoro, Amerasia non è un lavoro semplice, perché spazia nei linguaggi e nella geografia e, non bisogna dimenticarlo, era e resta concepito per essere una colonna sonora.
Però Terry Allen è un genio, un artista poliedrico e un musicista straordinario e la sua world music ante litteram è più credibile e sincera di tanti intellettuali con i campionatori che sono venuti dopo. In Amerasia, Terry Allen e i suoi cowboy texani (i fratelli Maines, essenzialmente) riescono a trovare spazio per flauti di bambù e tamburi di pelle d'elefante e a tutti gli strumenti dei loro ospiti thailandesi, ma non rinunciano al rock'n'roll, in un'alternarsi di struggenti atmosfere strumentali, spericolate incursioni honky tonky, chitarre elettriche trascinanti (ascoltare quella che sì snoda in The Burden, per esempio).
Con una mezza dozzina di canzoni degne di un'antologia o di un box (i più giovani comincino a riscoprirlo con Lubbock, un acquisto obbligatorio) perché Terry Allen è uno che non si risparmia, nemmeno per una colonna sonora. Vale la pena di ricordare almeno Display Woman/Displaced Woman (un grande rock'n'roll con la banda dei fratelli Maines senza freni) e Nobody's Goin' Home, una canzone straordinaria con un Terry Allen scatenato su tutti i fronti: al pianoforte, alla voce, con le parole. Non toma più nessuno, a casa, e per quelli che tornano, non c'è più nessun posto dove andare. Un disco toccante e, d'accordo con David Byrne, sempre, tristemente attuale.