CHARLIE ROBISON (Life of the Party)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Good news from Texas! Charlie Robison, fratello di Bruce, è un musicista hard-country con le contropalle. Capisco che come definizione potrà suonare un po' forte, ma ho volutamente cercato di far capire che ci troviamo di fronte ad un musicista dotato e capace, che ha ritmo e feeling da vendere, una bella voce profonda e, non ultimo, una buona penna.
Questa volta la Sony ha visto giusto, e Life of the party (secondo lavoro di Charlie) è un singor disco; se non siete ancora convinti, leggete il nome del produttore: Lloyd Maines, uno che non tradisce. Tra i musicisti coinvolti vi sono nomi noti nell'ambiente texano: oltre a Maines e al fratello Bruce, troviamo Kelly Willis, Charlie Sexton e il grande chitarrista David Grissom. Poor man's son, che apre l'album, è un gran pezzo a metà tra country e rock'n'roll, con uno spettacolare organo farfisa. Come se i Blasters avessero soggiornato un anno in Texas. Sunset Boulevard è una ballata elettrica, lenta e profonda, con un bel gioco di voci e Maines superlativo alla steel guitar: il ritornello, vicino a certe cose di John Prine, è decisamente vincente.
Barlight è ancora un'ottima Texas bar song, e precede la fulgida My Hometown, ballata di notevole spessore (alla Steve Earle), cantata benissimo e suonata con perizia (la fisa in sottofondo sembra quasi opera di Garth Hudson). Grande canzone. Don't call me a fool è puro tex-mex, pimpante, colorato, allegro (grande fisa, courtesy of Chip Dolan), Arms of love è tutta ritmo e melodia, degna di Billy Joe Shaver, I don't feel that way è honky-tonk di classe. Il ragazzo sa il fatto suo, compone bene, si circonda di musicisti che si trovano ad occhi chiusi e, non ultimo, è dotato di un senso del ritmo micidiale. You're not the best è country classico, più comune rispetto al resto del disco, ma la lunga e folkeggiante Loving country riporta il disco a livelli superiori alla media.
Waiting fon the mail è invece puro rock, molto anni '60 (soprattutto nell'uso dell'organo, che ricorda The house of the risin'sun degli Animals): un brano "diverso" ma molto gradito. Il disco si chiude con Indianola, ballata polverosa introdotta da un'inattesa cornamusa, e con Molly's blues, un brano acustico ancora influenzato da John Prine (ricorda molto Unwed fathers). Good news from Texas!