Jono Manson è un abitudinario su queste pagine. Fa del sano rock di matrice yankee, con elementi soul inseriti nel tessuto melodico ed ha una voce carica e molto ben impostata.
Under the Stone, il nuovo album, è sicuramente il disco più completo della sua carriera. Jono abbraccia la canzone di matrice americana, con un tuffo rigenerante nelle radici e confeziona cinquanta minuti abbondanti di ottima musica. Sono con lui musicisti più o meno conosciuti su queste pagine come
Kevin Trainor, Sara K, Bobby Sheehan, Eric Shenkman, Tom Adler, Mark Clark e Steve Lindsay.
Scritta da Bruce Donnola, uno degli autori che Jono spesso usa,
This is The Place è una composizione lenta, modulata, che ha una struttura melodica coinvolgente, grazie anche alla doppia voce di Sara K.
Gaslight è una ballata gioiosa dal ritornello immediato: giocata su più voci risente di una rilassatezza compositiva, ha un bell'assolo di chitarra di Kevin Trainor, ed un giro armonico indovinato. Ancora più roots è
Under The Stone, una sorta di viaggio nel passato della musica americana. La canzone ha una atmosfera stile mountain song, con quell'aria old style e le voci all'unisono, con il banjo di Tom Adler che punteggia il suono.
Bluesy e più raccolta è la discorsiva
Walking Down Your Street che, se non è particolarmente originale, si fa apprezzare per l'arrangiamento. Anche Joe Flood è uno degli autori più amati da Jono e
I Don't Wanna Know usa un classico riff anni sessanta per mettere a punto una canzone solida in cui rock e soul vanno a braccetto. Il folk rock aleggia nella piacevole
Will There Be Love cantata con voce languida da Jono, assecondato da un coretto spezzacuori. Il ritornello è tra le cose più riuscite del disco.
On This Ride ha un attacco alla Tom Petty: chitarre, gran voce e melodia diretta: un rock possente che gioca le sue carte su una performance molto solida ed una melodia di sicura presa.
A Dream Undone è invece più semplice, con chitarra e mandolino che si incrociano .
Everybody's Breakdown ci riporta in un ambito rock: chitarre aperte, un organo sul fondo, un riff piacevole ed un testo abbastanza critico nei confronti della società
In The Arms of Only Love assomiglia alle ballate di Jimmy Buffett, bella melodia, giro armonico classico, per un canzone che mette al bando la noia.
Gunhill Road è una rimembranza degli
High Plains Drifters, la band che Jono aveva con John Popper, Bobby Sheehan, Mark Clark ed Erik Shenkman: una song abbastanza nera, leggermente funky. La meno interessante del lotto assieme alla lenta
Magic Mirror, rifacimento di una composizione di
Leon Russell.
The Night Before the Morning After, un rock blues tirato e grintoso, ha forza ed inventiva. Chiusura con la sixties oriented, una soui song di grande presa,
I Got Love che la voce potente di Jono palleggia a meraviglia. La ghost track alla fine del disco è una ripresa, solo voce e banjo, di
Under The Stone che, a detta dell'amico Alessandro, sembra uscita dalle sessions di
0 Brother Where Art Thou? Under The Stone è vario ed offre una gamma di suoni più completa rispetto al passato: il nostro è cresciuto dal punto di vista della scrittura, mentre la voce rimane uno dei suoi punti fermi.