Non si tratta del nuovo disco di
Terry Allen, ma della riedizione del suo primo album, edito originariamente nel 1975. Quando Allen pubblicò questo disco, un Lp con la copertina in bianco e nero con la foto di un tizio con occhialini tondi, che aveva un sorriso amaro e malcelato, non era nessuno. Un disco voce e piano, con qualche chitarra qui e là per dare fiato ad un voce straordinaria, ad un nuovo poeta della strada, ad un musicista che avrebbe dato molto, malgrado una produzione scarna ma decisamente affascinate.
Già con il disco seguente,
Lubbock (1978), Allen aveva sfiorato il capolavoro, ed aveva bissato poi con dischi di pregio come
Smokin' The Dummy (80) e
Bloodlines ('83), a cui hanno fatto seguito
Amerasia ('87, ristampato di recente). Poi i due desaparecidos
Pedal Steel/Rollback e
The Silent Majority e arriviamo alle prove più recenti, i due eccellenti album
Human Remains ('96) e
Salivation ('99).
Pur mantenendo le sonorità in un ambito acustico, per lo più voce e piano,
Juarez ha già tutte le tipologie del suono di Allen: quel misto di country e mexican, di epico e tragico, di narrativo e irriverente. Il tutto condito con forti dosi di humor. Musicista estroverso, Allen aveva edito questo disco non con l'intenzione di venderlo ma piuttosto come partitura musicale per accompagnare delle istallazioni artistiche. Infatti, oltre che musicista, è anche artista visuale, sculture e pittore e Juarez è la colonna sonora di una serie di immagini.
Le prime copie del vinile erano state pubblicate con una serie di litografie che illustravano i caratteri che popolano le canzoni del disco. Originale, personale, idiosincratico Allen aveva già iniziato, quasi senza volerlo, il suo viaggio nella musica. Riascoltato oggi, a quasi trenta anni dalla sua pubblicazione, Juarez è ancora misterioso ed affascinante e la sua musicalità scarna lo rende anche più appetibile perché i suoni sono diretti e le canzoni piene di pathos.
Terry canta e suona già con grande perizia, mentre alle chitarre si alternano, di tanto in tanto,
Peter Kaukonen e
Greg Douglas. La durata si avvicina all'ora e, per dare una patina più attuale al disco, il nostro ha registrato due brani alla fine dello scorso anno in compagnia di
Lloyd Maines,
Bukka Allen,
Davis McLarty,
Richard Bowden. Due canzoni splendide: lo struggente strumentale di chiara matrice messicana, evocativo e malinconico,
El Camino Instrumental e
El Camino, in versione cantata, più allegra, quasi danzereccia e festaiola, con la sua atmosfera da festa paesana trasportata nei prati del Texas, pur mantenendo le sue origine messicane.
Due brani che chiudono un disco pieno di canzoni ancora affascinanti, canzoni che rispondono ai titoli
La Despedida,
Cortez Sail,
Dogwood,
The Radio and Real Life,
What of Alicia,
Four Corners. Per conoscere a fondo uno dei grandi della musica di confine Americana.