JOE D'URSO (Audience of One)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/04/2004
    

Joe D'Urso al lettore buscaderiano richiama Bruce Springsteen, Only a hobo concert, la versione di Badlands con i fiati, e ai più attenti alla sua discografia riporta alla mente il doppio album dello scorso album intitolato Both sides of life contenente anche Six months in Italy. Per quelli che lo seguono dagli inizi, e si parla di circa trediciquattordici anni fa, è inutile ricordare i suoi album fra cui Glow e Mirrors, Shoestrings & Credit Card (Premio Best title album annata 1996). D'Urso, il cognome racconta le sue radici, ha una storia interessante alle sue spalle perché per anni ha lavorato come booking agent di molte rock star che passavano dal New Jersey e le influenze degli U2 prima e di Springsteen e Leonard Cohen poi lo hanno dirottato verso una carriera completamente diversa da quella che lui (e soprattutto i suoi genitori) avevano pianificato.
Joe D'Urso è rimasto un ragazzo semplice e ha preferito continuare a incidere per piccole etichette certo così di percorrere un cammino scelto unicamente da lui. Oggi poi, può incidere per una sua label e questo gli permette di togliersi molte soddisfazioni avendo creato in tutto il mondo, Italia inclusa, una fitta rete informativa che gli permette di essere presente ad un pubblico che lo stima. L'album che andiamo ora a recensire è molto particolare perché abbandonata per un attimo la pulsante Stone Caravan, Joe si prende un attimo di tregua e incide ben quindici canzoni accompagnandosi solo con la chitarra. Pesante! penserete voi. Tutt'altro risponderò io. Ammetto che quando ho letto 15 songs for guitar only qualche dubbio l'ho avuto anch'io ma fugato subito dal primo ascolto.
L'album merita però una dovuta spiegazione: Joe racconta di averlo inciso al ritorno da una lunga tournee americana. Mentre la moglie era impegnata a far nascere il secondo figlio, D'Urso, lontano dalle luci del palcoscenico doveva badare al primogenito. E se di giorno le cose andavano bene, più pesante era farlo addormentare di notte. E allora ecco l'idea geniale del cantante: proporgli nuove canzoni e sentire il suo parere, farlo partecipe di qualche cosa di creativo. I brani vengono quindi provati in camera da letto, alla luce dell'abatjour per questo sono privilegiate le lente ballate e Joe cerca sempre l'approvazione e il sorriso del figlio. A lungo andare la camera del ragazzo, la luce fioca, il respiro regolare del sonno del bambino sono fonti ispirative per il Nostro che in breve tempo prepara per il suo scarno pubblico da qui il titolo Audience of one ben quindici canzoni.
Pesante! Penserete voi. Tutt'altro risponderò io: in queste canzoni i testi li trovate sul sito di Joe D'Urso tocca alti vertici poetici. Ascoltate per esempio Ladder 49 o l'iniziale Let in the Sun o la splendida Made my mark e capirete quello che affermo. A chi può interessare dirò che il produttore dell'album è Toby Scott (già con Dylan, Springsteen, Harry Chapin, Natalie Merchant etc) e l'album, come si faceva molti anni fa, è stato registrato in due giorni nel Novembre scorso. Secondo un giornalista inglese Joe D'Urso sings like an angel and writes songs like a demon: in questa nuova opera si fa fatica a scorgere la vena demoniaca ma quella angelica è molto interessante. Un album per pochi? Tutt'altro risponderei io.