TOWNES VAN ZANDT (Acoustic Blue)
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  Recensione del  30/04/2004
    

Nelle note, brevi e fin troppo sintetiche, Chet Flippo dice che le canzoni di Acoustic Blue sono una rivelazione. È vero: come abbiamo già notato a suo tempo, tutti i dischi postumi di Townes Van Zandt, la gran parte dei quali registrati dal vivo durante il suo never ending tour europeo, celebrano la condizione dei grandi poeti al crepuscolo. Sono un lungo addio in pubblico, una sofferenza umana e artistica messa a nudo, le note dolenti di un grandissimo songwriter che ha immolato i suoi ultimi anni sui palchi più improbabili. Come dice una delle sue canzoni più intense: Waitin' Round To Die (qui presente in medley con Kathleen), ed è la rappresentazione più efficace del viaggio verso il capolinea che Townes Van Zandt intraprese negli ultimi anni della sua vita.
Acoustic Blue, sulla falsariga di molti altri dischi simili, riporta proprio un segmento di quel percorso: quattordici brani (quasi un'ora di musica) incisi in un periodo che va dal 1994 a poche settimane prima della sua scomparsa (Nothin', incisa ad Austin, Texas nel dicembre 1996). Bisogna dire che la qualità delle incisioni è leggermente superiore rispetto alle registrazioni che abbiamo fin qui sentito e che l'indirizzo, reso esplicito dal titolo, Acoustic Blue, è un tentativo di focalizzare con precisione almeno un aspetto delle performance di Townes Van Zandt. C'è infatti un maggior riguardo verso le canzoni di derivazione blues (a partire da Short Haired Woman Blues tratta dal songbook di Lightnin' Hopkins, una delle sue maggiori fonti di ispirazioni) e, raccogliendo l'altro significato del termine blue, anche quelle più intimiste e malinconiche.
Non c'è dubbio che Acoustic Blue suoni struggente e doloroso ad ogni passo in cui la voce di Townes Van Zandt s'inerpica, rantola, raschia su Goin' Down To Memphis, Dollar Bill Blues o Lungs, ma sono anche atmosfere che abbiamo già sentito e vissuto (non senza emozioni) su almeno una dozzina di dischi simili. Resta un piccolo, interessante oggetto da collezionare, se si vuole seguire quel tracciato verso il crepuscolo che Townes Van Zandt ha lasciato sulla strada. Da un altro punto di vista, la sua figura merita rivisitazioni di una qualità e una profondità maggiori, di quelle che abbiamo sentito, per intenderci, con In The Beginning, un disco che rispolverava le sue prime incisioni, pieno di musica e di vita: quello, sì, da non perdere.