JOHN HIATT (Beneath this Gruff Exterior)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  30/04/2004
    

John Hiatt non sbaglia un colpo. Difficile trovare nella sua discografia qualche fallimento e se non sono capolavori, i suoi dischi mantengono sempre un livello qualitativo che definire buono è il minimo. La sua avventura musicale ha conosciuto diversi cambiamenti in termini di suono e di ispirazione, si è passati dal songwriting più classico alla new wave, da Memphis al Delta, dalla Louisiana alla California, dal rock urbano al countryblues, dalle chitarre acustiche ad un suono ferocemente elettrico e punk, in alcuni momenti (è il caso di Perfectly Good Guitar), lo stacco è stato netto e radicale, per cui è logico guardare all'artista di Indianapolis come ad uno dei personaggi più eclettici, creativi e coraggiosi della scena dei rocker d'autore americani, uno che ogni volta che fa un disco ti può sorprendere.
Prendiamo gli ultimi tre pubblicati, tanto per stare al presente. Nel 2000 esce Crossing Muddy Waters ed è un disco profondamente ancorato nel blues del Delta, con sonorità acustiche ed una voce che scava nelle limacciose acque del Mississippi alla ricerca dei fantasmi di Muddy Waters e Robert Johnson; nel 2001 è la volta di The Tiki Bar Is Open, un album per certi versi scanzonato titolo), molto free per come, con umore edonistico quasi californiano, mischia ballate strappacuore (le meravigliose My Old Friend e All The Lilacs In Ohio), scampoli dylaniani (Hangin' Around Here) e veementi rock n'roll al whiskey (Everybody Went Low e The Tiki Bar Is Open) con strani e arditi elementi di folkrock elettronico (Farther Stars), che fanno venire in mente gli esperimenti modernisti del californiano Warren Zevon in Transverse City.
Ora è la volta di Beneath This Gruff Exterior e si cambia ancora, o meglio si fa un tuffo indietro a quando Hiatt realizzò uno degli album più belli della sua discografia, quello Slow Turning che lo metteva direttamente in contatto con i paesaggi, le lentezze e gli umori del sud, in particolare della zona tra Mississippi e Louisiana. Complici di quel viaggio erano i Goners, una band assemblata attorno alla strepitosa slide guitar di Sonny Landreth, uno che poi abbiamo conosciuto anche attraverso i suoi dischi solisti, al basso di David Ranson e alla batteria di Kevin Blevins.
I tre si erano rifatti vivi in The Tiki Bar Is Open ma nel nuovo disco lasciano un segno inconfondibile (il disco è difatti attribuito a John Hiatt & The Goners) suonando come fosse una session dal vivo, informali, diretti, molto rock n'roll e blues, ripristinando l'umore di quel rock sudista un po' svaccato e swingato. Il risultato è ottimo da ogni punto di vista perché mettere insieme l'ugola sempre più espressiva e nera di Hiatt e la sua penna magica nello scrivere con un chitarrista coi fiocchi come Landreth è quanto si desidera da un disco di rock degno di tale nome.
Per cui preparatevi alla festa perché Beneath This Gruff Exterior va via liscio come l'olio, trascinandovi in un mood sonoro dove si intersecano con spirito libero e molto swing il rock n'roll di Memphis, il blues, lo swamprock, il rockabilly, il folkrock e dove l'atmosfera è di quelle contagiose delle bettole del sud dove tutti fanno festa con il bicchiere in mano e il sorriso sulle labbra. Musica da bar boogie band, ricreata sporca ed informale apposta da un ensemble che conosce tutte le magie e i trucchi del rock n'roll.
Forse non ci sono ballate memorabili come nel precedente album (le canzoni sono tutte di un livello superiore, comunque) ma quello che conta è il gioco corale e quel sound che si attacca sotto pelle come l'umidità della Louisiana. Pronti via e si parte con Uncommon Connection e How Bad's The Coffee, due brani rockati a velocità sostenuta che contano sull'inconfondibile slide di Landreth e su una voce che col tempo è diventata nera come il caffè. Ritmo ma anche melodia, come è nella tradizione del miglior songwriter e poi ancora Naggin' Dark e My Baby Blue, altre road songs posizionate nelle terre dello swamprock. My Dog & Me ha lo stile dei Subdudes, un gruppo rinomato a queste latitudini per come dipingeva foschie da palude con un sintetico up tempo e una desolata ma accattivante strumentazione semiacustica mentre Almost Fed Up With The Blues, uno dei brani topici del disco, presenta il sanguigno e forte Hiatt R&B di Warming Up To The Ice Age con un tocco in più di grandeur melodica stile Riding With The King.
Strepitoso. Alcune tracce, non fosse per la voce, sembrano uscite direttamente da un disco di Landreth, è il caso di Circle Back slide a palla a sud della Interstate 10 prima che l'armonica di Missing Place evochi un po' di romanticismo folkrock alla Springsteen e Fly Back Home suoni come una versione southern comfort di Lily, Rosemary and Jack Of Hearts ovvero nientemeno che Blood On The Tracks di Mr.Dylan. Il proprietario di tutte queste canzoni rimane inconfondibilmente John Hiatt, uno che ha stile da vendere anche quando gracchia il blues da scantinato di The Last Time (niente a che vedere con gli Stones) e copre una ballata come The Most Unoriginal Sin, resa celebre da Willie Nelson.
Suonato come in un club dal vivo, con nessuna sovraincisione e in presa diretta, Beneath This Gruff Exterior è un disco fresco di classico rock n'roll con venature blues e swamp, un disco senza fronzoli e senza mediazioni, diretto e vitale. Un disco da sentire da qui all'autunno, in casa, in macchina, al chiuso e all'aperto, da soli o in compagnia. Un disco di salutare rock n'roll americano, di quelli che incitano al whiskey, all'allegria e all'amicizia e non alla guerra.