JESSE SYKES & SWEET HEREAFTER (Oh, My Girl)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  30/04/2004
    

Non erano semplici sensazioni quelle suscitate da Reckless Burning, l'esordio di un paio d'anni fa, un malinconico viaggio tra folkrock e spruzzate country portato alla luce grazie alla lungimirante vista della francese Fargo. Jesse Sykes è davvero una nuova interessante voce femminile nel panorama della canzone rock più tradizionale. E non chiamatela per favore solo Americana, perché in Oh, My Girl, secondo episodio in coabitazione con gli Sweet Hereafter, il songwriting ha compiuto passi notevoli in avanti e soprattutto ne è scaturito un sound avvolgente che trasporta queste ballate nei territori di un countryrock epico e fuori del tempo, ad un so la distanza dalla piena maturità.
Il merito di questo piccolo miracolo va condiviso innanzi tutto con il fedele compagno Phil Wandscher, transfuga chitarra solista dei mai dimenticati Whiskeytown, unitosi alla brava Jesse dopo un incontro fatale in un bar di Seattle verso la fine del 1998. Sono gli strepitosi interventi delle sue chitarre, infarcite di riverberi e cresciute nel mito del West di Morricone, con insistenti rimandi ai dettami del country&western classico, che marchiano a fuoco i dieci episodi del disco.
Il connubio con la vocalità soffusa e ammaliante di Jesse forma un duo di rara efficacia, mettendo in risalto le tonalità crepuscolari, da "murder ballads" verrebbe da dire, che con traddistinguono l'intera raccolta. Le cadenze languide di Oh My Girl (Fuckery) introducono meglio di qualsiasi descrizione: countrynoir è l'etichetta che qualcuno si è scomodato ad affibbiarle, restringendo forse troppo il senso della musica di Jesse.
Certo è stato quasi inevitabile accostarla alla sensibilità di altre chanteuse fatali dell'ultima generazione alternativecountry, Neko Case su tutte, oppure accostare i silenzi delle sue ballate all'opera dei Cowboys Junkies (l'eterea Your Eyes Told ad esempio, oppure il passo rallentato della lunga Birds Over Water). Nonostante ciò le ombre e gli echi da "Vecchio West" che risuonano in Troubled Soul, gli orizzonti rosso fuoco del deserto che sembrano colorare Tell The Boys e Grown a New Heart la avvicinano piuttosto ad artisti quali Richard Buckner o Mark Lanegan, in grado di sintetizzare nella loro musica il fascino degli spazi infiniti americani.
Un contraltare femminile dunque, che ha tutte le carte in regola però per affermarsi con il proprio stile, senza dover rendere conto a nessuno. Oh My Girl in questo senso rappresenta senz'altro un avanzamento delle convinzioni, scovando la bellezza di arrangiamenti scarni (il folkrock austero di You Are Not Forgotten Here, con uno splendido violino in sottofondo) e la differenza che possono portare i piccoli dettagli.
In House Down By the Lake mostra di avere capito tutto: la ballata parte morbida e molto traditional, con il banjo a guidare la melodia, poi si aggiungono cambi di tonalità e ritmo, una leggera chitarra slide ed un finale in cui prende le redini una struggente tromba che profuma di New Orleans e soul music. Ne scaturisce un piccolo gioiello a coronamento di un disco nel complesso molto convincente.