RANDY THOMPSON (That’s not Me)
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  Recensione del  31/04/2004
    

La storia di Randy Thompson è strana. Originario della Virginia, ha esordito nel 1988 con la cassetta autogestita In the rain (che verrà ristampata quest'anno in CD), e, da allora ad oggi, ha pubblicato soltanto altri due dischi. Ben dieci anni separano infatti il suo esordio da Wearin'blue, dieci anni in cui Randy preferisce dedicarsi alla famiglia e a crescere due figli; si sa però che la passione per la musica è dura a morire, e così, oltre a pubblicare il già citato secondo lavoro (che riceve buone critiche ed un discreto successo a livello locale), si esibisce sempre più di frequente dal vivo, aprendo i concerti di gente come George Jones, Kevin Welch e Shelby Lynne.
Sembra quindi che la sua carriera possa finalmente decollare, ed invece un altro lungo stop fino ad oggi, interrotto con la pubblicazione del nuovo lavoro "That's not me": speriamo dunque che sia la volta buona, perché Thompson se lo merita eccome. That's not me è infatti un signor disco di hard country, che a dire il vero di country ha ben poco: Randy si circonda di validi sessionmen, scrive ottime canzoni, ed arrota spesso e volentieri le chitarre, dando al disco un sound grintoso e solido. I suoi eroi sono Joe Ely, Steve Earle, Waylon Jennings e Dwight Yoakam, ma Randy, in possesso di una bella voce calda, costruisce un suono personale e scrive otto canzoni di valore.
Il disco è breve, solo otto brani originali più una cover appena abbozzata (meno di trentacinque minuti di durata complessiva), ma intenso, e ci fa ben sperare per il futuro di questo ragazzone della Virginia che non ha mai smesso di credere nella musica. Dopo la brevissima introduzione di The Whole World, una suggestiva cover per voce e chitarra di un brano di Steve Young, il disco entra nel vivo con Sound of the rain, potente, elettrica e tirata, un sano rock dagli echi sudisti cantato con grinta. Non solo un pretesto per far sentire le chitarre, ma anche un ottimo brano.
La pianistica That's not me è più tranquilla e cantautorale, con echi country più accentuati: melodia deliziosa ed esecuzione senza sbavature; un plauso alla voce di Randy, molto duttile, che risulta vincente in ogni tipo di canzone. Thompson non è texano, ma The lovin' shown, coinvolgente cavalcata country rock, sembra proprio uscita dalla penna di un aurore del Lone Star State; Dance until dawn, come il titolo lascia intuire, è un brano saltellante e decisamente piacevole. If love is what you want è una classica ballata made in Nashville (ma la parte giusta di Nashville): strumentazione di base acustica, steel evocativa, bella voce e motivo da ascoltare durata una serata romantica (magari alla fine di una festa in stile western); Unknown zone roccata e tignosa, ha molti punti in comune con Steve Earle; If that wasn't love, countreggiante e molto melodiosa, è uno dei brani più riusciti del disco (e qui vedo l'impronta di uno come Billy Joe Shaver).
La lenta Only one way, bellissimo brano dai toni epici e ad alto tasso emotivo, chiude l'album nella maniera migliore. Un plauso alla costanza di Randy Thompson: con un disco come That's not me dovrebbe finalmente aver imboccato la strada giusta.