HELL'S ½ ACRE (Under a Wiskey Moon)
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  Recensione del  30/06/2004
    

Se decidi di fondare una rock'n'roll band nel bel mezzo della provincia americana, potresti avere bisogno di quel valore aggiunto per distinguerti dalla concorrenza spietata. A meno di non essere un autentico purosangue infatti, è difficile pensare che basti il solito piglio da ribelle della country music per spiccare il volo. Gli Hell's 1/2 Acre hanno trovato qualche santo in paradiso per la realizzazione del loro secondo lavoro, Under a Whiskey Moon, un titolo che la dice lunga sulla filosofia di questi quattro ragazzi di Louisville, Kentucky. Senza sminuire le discrete qualità del loro songwriting, è inevitabile sottolineare il carattere adulto della produzione messa in campo.
Basterebbe il nome di Mike Wanchic, per anni al fianco di John Mellencamp, ad accrescere l'attenzione: è lui che si occupa della regia e suona occasionalmente il mandolino, rendendo robusto e mainstream il suono degli Hell's 1/2 Acre. Non solo, ma mettendo mano all'esperienza ventennale si è portato in studio le strepitose chitarre elettriche di Andy York e le tastiere di Moe Z, anche loro alla corte di Mellencamp in tempi recenti. Il salto di qualità è garantito, nonostante il terreno musicale sul quale si muovono John Woosley (voce, chitarre), Rankin Mapother (basso) e Glen Howerton (batteria) sia perfettamente allineato alle regole di un roots-rock che più classico non si può.
In ogni caso il risultato è un disco godibilissimo, frizzante e idealmente diviso tra un carettere ruspante e provinciale, ricordo degli esordi alternative-country, ed un corposo rock stradaiolo dai risvolti melodici.
Puro heartland-rock nell'iniziale Silver Dollar, giusto per trac ciare una continuità con la storia dei musicisti coinvolti: vigorosa quanto basta la voce di Woosley, altrettanto torride le chitarre. Dietro l'angolo si cela però l'altra faccia degli Hell's 1/2 Acre: Kindness of Strangers ha movenze più sbarazzine ed un ritornello facile che vira al pop-rock, tanto che potrebbe avere un futuro in qualche college-radio americana.
Una tentazione che nello svolgere di Under a Whiskey Moon non eccede il dovuto (la sola Lonesome River appare davvero un po' insipida), preferendo piuttosto rifugiarsi nel country-rock di maniera di Doctor Please e in quello più malinconico di One Lonely Night, una ballata coi fiocchi che sa di "small town" e periferia americana. Con Hole e Here's To Me si stabilizza la bilancia, tornando prepotentemente al ruvido linguaggio del rock'n'roll, materia che la band ha imparato direttamente dalla strada, suonando di supporto nel Southeast con Bottle Rockets e Drive By Truckers.
Le influenze southern subite da queste frequentazioni si sentono forte e chiaro soprattutto in Big Black Care nella corale ballata Somewhere, due degli episodi più maturi dell'intero disco, che approda stranamente al finale jazzato e notturno di Missing You, un episodio originale ma fuori contesto e nel quale la band mostra di non avere le qualità adatte. Piccole cadute di tono giustificabili, in un prodotto che ha poco a che spartire con le tipiche dimensioni a budget ridotto di altre realtà del settore.