BRUCE SPRINGSTEEN (The Essential)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Un lavoro che si definisce The Essential non deve per forza di cose essere una collezione di brani di successo. Per questo ci sono i Greatest Hits. Soprattutto nel caso di Bruce Springsteen, artista la cui carriera ha attraversato tappe spesso diverse l'una dall'altra e la cui discografia comprende album radicalmente differenti (si pensi quanto distanti siano Human Touch e Tom Joad o Born In The Usa e Nebraska), una pubblicazione che si pone come The Essential Bruce Springsteen ha il dovere di raccontare una storia, una sorta di percorso musicale ed emozionale che arrivi alle orecchie di quanti non lo conoscono, lo conoscono poco o conoscono solo una parte della sua carriera.
"Quando la casa discografica mi ha proposto la pubblicazione di un album della serie Essential ho pensato: one man's coffee is another man's tea, one man's whiskey... in qualsiasi lavoro ci sono momenti particolarmente positivi. Il resto dipende dall'ascoltatore, dov'era e con chi quando un disco o una canzone lo hanno colpito nel profondo. Nel tour di The Rising abbiamo visto molti visi nuovi e così abbiamo scelto i brani per questa collection pensando a loro" (Bruce Springsteen). E allora mi sono messo anch'io, che non sono Springsteen ma che del personaggio conosco abbastanza per essere un estimatore e per averlo seguito fin dalla pubblicazione di Born To Run, anno 1975 e dal concerto di Zurigo del 1981, cercando di comprenderne i cambiamenti e l'evoluzione artistica, a compilare il mio Essential (senza conoscere a priori la tracks list di quello ufficiale) per poi confrontarlo con quello curato da Springsteen e dalla Sony.
Ne è uscito un quadro interessante che non si distacca molto da quello ufficiale e addirittura, per quanto riguarda la produzione fino a Nebraska, collima abbastanza col triplo Cd della Sony. Diverse le scelte, invece, del periodo 1985-1992, significative del fatto che mentre Bruce raccoglieva un consenso di massa (Born In The Usa) e poi scioglieva la E Street Band (Human Touch) lo zoccolo duro (di cui penso di far parte) faceva fatica ad identificarsi nei brani di maggior esposizione. The Essential Bruce Springsteen è costituito da 3 Cd: i primi due raccolgono brani da tutto il materiale discografico pubblicato finora, il terzo Cd è un Bonus Disc con rarità e cose varie. Vediamo nel dettaglio come sono andate le cose nel gioco dell' Essential, un trucchetto che mi permette di ritornare, col senno di poi, sulla produzione di questo straordinario rocker.
Greetings From Asbury Park, NJ: ho scelto It's Hard To Be A Saint In The City al posto dell'ufficiale For You perché sebbene questa sia una canzone d'amore travagliata che si presta bene a un ritornello pop di grande efficacia (ne fece una buona versione Greg Kihn), It's Hard To Be A Saint In The City rimane un esemplare dichiarazione di esistenzialismo urbano sulla durezza del vivere in strada, sul fatto che è duro essere un santo in città quando sei solo un monello da strada, un giocatore da bassifondi, il re dei vicoli e il principe dei poveri. E quel verso rubato all'immaginario cinematografico "sono riuscito a camminare dritto verso il sole proprio come Brando..." suona troppo esaltante per non erigere questa canzone a slogan ribelle verso convenzioni e conformismi. Decisione concorde per Blinded By The tight, titolo da blues per un testo visionario e biblico che sembra uscire dall'universo lirico di Bob Dylan e per Spirit In The Night che ancora oggi è uno dei più coinvolgenti inni giovanili alla notte.
The Wild, The Innocent: naturalmente Rosalita, emblema del flusso ritmico della E Street Band sul palco, della sarabanda rock n'roll, delle senoritas, di Jack The Rabbit e di quel bel posto nella California del sud dove fuggire insieme con Rosy. È lo Springsteen prigioniero del rock n'roll che non piace ai genitori di lei perché suona in una banda di rock n'roll e non ne vuole sapere di un lavoro come si deve. I tanti che, nel concerto-diluvio di Milano, quando Bruce ha concesso un ultimo bis hanno sentito un boato e non capivano la ragione adesso sono serviti: signore e signori questa è Rosalita.
Come secondo brano è stato estratto 4th of July, splendido quadretto di una città di provincia nel giorno della festa più importante della nazione vista con gli occhi di chi vuole chiudere con la vita di strada e cambiare scenario con l'amata Sandy. Ci sono i ragazzi del casinò, i bari, le coppiette libertine, i fuochi d'artificio e i giovani alla moda, uno spaccato di Asbury Park degli anni '70 romanzato come una west side story dell'altra parte del fiume. A great song, introdotta da uno strepitoso inizio di chitarre acustiche ed elettriche appena pizzicate, che sono una primavera dei sensi.
Il sottoscritto ha però optato per New York City Serenade anche se tale scelta può sembrare un tradimento verso la hometown in favore del salto nella Grande Mela. Ma 1) sono un inguaribile romantico 2) se si eccettua New York New York, non penso ci sia in circolazione un'altra ballata che dichiari in modo così intenso il proprio amore verso New York. Non tanto con le parole quanto con un lirismo che è una stretta al cuore. Una serenata così ha coinvolto anche uno snob inglese quale Joe Jackson che ha scritto A Slow Song sotto il suo effetto e l'ha messa a chiudere Night and Day, magnifico album dedicato a New York City.
Born To Run: Perfetta comunanza di idee tra l'Essential ufficiale e il mio; passano Born To Run, Thunder Road e Jungleland. Spiace lasciar fuori Backstreets che, oltre ad essere il nome della più autorevole e longeva fanzine sul Boss (http://www.backstreets.com) è anche un pullulare di stradine, localacci, sbandati, che altro non è che la b-side del rock n'roll. "Locali di infimo ordine e travestiti agghindati come tanti VaLentino" citano i versi della canzone che è anche un ode alle canzoni solitarie di Roy Orbison, alla faccia sporca del rock, alle uscite di sicurezza di quei club di periferia (vi ricordate il locale dove suonavano i Blasters in Streets Of Fire, film di Walter Hill e altro titolo di Bruce) dove trucidi bikers parcheggiano le loro Harley e gli sbronzi svuotano lo stomaco pieno di alcol.
Darkness On The Edge Of Town: passano Badlands e Darkness On The Edge Of Town ma ho preferito Prove It All Night a The Promised Land. Quest'ultima è il logico continuo di Badlands in quella ricerca di un mondo migliore per tutti che è un po' il credo etico di Springsteen ma non posso dimenticarmi quante volte il sangue mi è ribollito sentendo la Telecaster che impazziva nelle strepitose performance di Prove It All Night dal vivo. Se è vero che Darkness è un album profondamente notturno e nelle out-takes di quel disco ci sono almeno sei titoli con la notte di mezzo (Because The Night All Night Long, Bring On The Night, Endless Night, Let's Go Tonight, Someday Tonight) allora Prove It All Night meritava la convocazione.
The River: Da questo album sono state prese due sole tracce quando avrebbero dovuto estrame quattro, sia perché è un album doppio, per di più suddiviso tra sferzanti rock n'roll e malinconiche ballate, sia perché è un album epocale che separa gli anni '70 dagli '80. Invece ha vinto l'opzione "a stelle e strisce" di dare più spazio a Born In The Usa, presente con due brani nonostante contenga meno materiale di The River. Si sarebbe potuto aggirare il problema includendo come traccia live di The Essential qualcosa di The River registrato in concerto ed invece le due tracce dal vivo sono American Skin, musicalmente discutibile nonostante l'impatto politico contro la zero tolerance di Rudolph Giuliani, e Land Of Hope and Dreams, giustamente.
Dal doppio The River sono state estratte solo The River e Hungry Heart. Io avrei aggiunto You Can Look (But You Better Not Touch) o Cadillac Ranch per rispettare il tasso rock n'roll del disco e saldare il conto con gli anni '50. E poi una ballata tra Fade Away e Stolen Car. Forse quest'ultima perché è in una scena di un bel film, Copland di James Mangold (1997) dove un poliziotto stanco e disilluso, interpretato da un sorprendente e atipico Sylvester Stallone, mette sul suo vecchio giradischi una facciata di The River nei solchi di Stolen Car e si lascia andare ai ricordi, abbracciato sullo squallido divano di casa all'amica, perdente come lui. Quel frammento è più di una poesia, è la testimonianza di quanto la musica di Springsteen sia consolatoria per i perdenti e li umili.
Un brano lento, sommesso, crepuscolare e amaro, che coi suoi colori grigi e invernali anticipa Nebraska. Il qual disco è presente con Atlantic City e Nebraska. Passi la prima ma al posto della seconda avrei incluso Johnny 99, per ringraziare lo scomparso Johnny Cash che ne aveva fatto una toccante versione country intitolando uno dei suoi migliori album degli anni '80. Born In The Usa: con questo disco esiste da parte mia (e non solo) un rapporto conflittuale.
Non sono tra quelli che quando uscì gridò al tradimento musicale né tantomeno tra coloro che accusarono Springsteen di patriottismo filo reaganiano. Bastava seguire gli avvenimenti e Leggersi il testo di Born In The Usa per non confondersi. Chi ci è cascato o non legge i testi delle canzoni e ragiona per partito preso, lasciandosi impressionare magari da una bandiera a stelle e strisce o è in malafede. Come tanti lo sono stati. Sentito oggi Born In The Usa rimane un album pieno di belle canzoni ma con una eccessiva tendenza all'enfasi e al sound possente. Le tastiere e la batteria sono condizionate troppo dal drum sound degli anni '80, ne è dimostrazione Cover Me. Hanno scelto Born In The Usa, Glory Days e Dancing In The Dark per l' Essential mentre avrei delegato Born In The Usa in versione acustica (dal Live In NYC) perché quelle corde metalliche ringhiano ancora più polemiche e rabbiose e poi avrei esaltato lo spirito blue zollar del disco con Working On The Highway, dando fiato sia all'amore per John Fogerty (Working On The Hwy, Darlington County, I'M Goin' Down) sia a tutte quelle bande di serie B, che oggi si potrebbero definire pre-americana ma allora erano emarginate e bistrattate, che negli anni ottanta combatterono una dura battaglia per tenere vivo il rock n'roll. Parlo di gente come gli Havalinas (da cui Bruce estrarrà High Hopes), i Lone Justice, i Go To Blazes, gli Iron City Houserockers, John Cafferty and Beaver Brown Band, Charlie Pickett and The Eggs, Del Lords, Del Fuegos, Rocking Chairs e via dicendo.
Avrei messo anche Bobby Jean perché è una straordinaria canzone sull'amicizia maschile, degna di sedersi a fianco di Waiting On A Friend, stesso tema ma degli Stones e Downbound Train perché non ha bisogno di spiegazioni.
Tunnel Of Love: due i brani selezionati da questo album, Tunnel Of Love e Brilliant Disguise, scelta conservatrice sbilanciata verso l'aspetto pop del disco a danno di ballate dolorose (il naufragio del matrimonio di Bruce) dal taglio vanmorrisiano. Ma il tour di Tunnel Of Love è anche la presentazione pubblica del nuovo amore Patti Scialfa e così per prendere capra e cavolo ovvero la disfatta di una relazione affettiva e la nascita di un'altra, personalmente avrei lasciato fuori Brilliant Disguise sostituendola con Spare Parts, il cui titolo, pezzi di rìcambio è eloquente del momento e la cui musica è un rock aguzzo intriso di country e rockabilly che suona alla maniera delle registrazioni Fat Possum. Human Touch e Lucky Town: il momento più debole dell'ispirazione di Springsteen concomitante al licenziamento della E Street Band viene risolto con tre brani per due dischi.
Fin troppo ovvia la scelta di Human Touch che, visto il flop di vendite e critiche, avrei sostituito con un ben più radicale e politicamente scorretto 57 Channels mentre coraggiosa la selezione di Lucky Town con Living Proof, teso rock chitarristico sulle cui basi Joe Grushecky ha costruito il suo American Babylon, e Lucky Town. Il sottoscritto aveva votato Better Days e Leap Of Faith, quest'ultima in virtù della forte carica erotica e gospel che ne usciva in concerto ma la scelta ufficiale è più controcorrente.
The Ghost Of Tom Joad: John Steinbeck e John Ford partecipano con un'unica song, Il Fantasma di Tom Joad. Con uno sforzo si poteva aggiungere Youngstown, un nobile roots-folk-rock sullo smarrimento popolare dovuto alla chiusura delle fabbriche, alla disoccupazione e alla mancanza di un futuro. Tanto più che in concerto questo pezzo fa faville grazie alla maestria di Danny Federici e Nils Lofgren. Del Live in New York City si è già detto, American Skin e Land Of Hope and Dreams le privilegiate mentre per The Rising la scelta è caduta sul trittico The Rising/Mary's Place/Lonesome Day.
La prima è incontrovertibile, la seconda è pura gioia dei sensi, la terza è già stata pubblicata come singolo e come video per cui, il sottoscritto, vota Into The Fire non tanto per premiare i pompieri quanto perché ha una melodia che è pura sinfonia, qualcosa che sale in un crescendo che alla fine lascia senza parole. Come si trasforma il dolore e lo sbigottimento in bellezza nel giro di una canzone. L'ultimo brano, il trentesimo, per completare i due primi Cd antologici di The Essential Bruce Springsteen è Streets Of Philadelphia, forse il pezzo meno springsteeniano di tutta la sua storia musicale ma quello che tutti conoscono.
Nel compilare questa raccolta, Bob Ludwig, che lavora con Bruce dai tempi di Born In The Usa ha revisionato il tutto e curato il mastering, il suono è quindi migliorato rispetto agli originali Cd. "L'idea era presentare un assaggio di quanto ogni album offre e di riviverne l'atmosfera" (Bruce Springsteen)

IL BONUS DISC
Rimane da dire del terzo Cd, il Bonus Disc. Comprende delle rarità, delle B side, delle registrazioni casalinghe, degli estratti di concerto e dei brani commissionati per colonne sonore di film. È il disco che più fa gola a quanti conoscono tutto di Springsteen e, fermo restando che per la discografia "parallela e alternativa" il box di Tracks rimane un monumento insuperabile, qui ci sono un paio di bocconcini niente male anche se 12 tracce sembrano davvero poche per sedare la fame di chi, dietro le quinte, sa che il magazzino è pieno.
C'è anche la possibilità di radunare in un unico supporto pezzi sparsi su vari dischi e colonne sonore. Così possiamo avere la Trapped live registrata il 6 agosto del 1984 per We Are The World, la scoppiettante Viva Las Vegas estratta dal doppio album del New Musical Express del 1990 (The Last Tempation of Elvis)contenente versioni di canzoni dei film di Elvis Presley e tre brani scritti appositamente per colonne sonore di film. Sono l'inedita Missing, soundtrack di The Crossing Guard (Tre Giorni per la verità) di Sean Penn con Jack Nicholson, Angelica Huston e Robbie Robertson, Dead Man Walking già edita nel 1995 nella soundtrack dell'omonimo film di Tom Robbins con Susan Sarandon e Sean Penn e Lift Me Up (edita anche questa), etereo brano inserito nel finale di Limbo di John Sayles. Più ghiotta (e furba, non dimentichiamoci che Bruce è un volpone da questo punto di vista, vi ricordate dei tre inediti di 18 Tracks !) la parte restante.
Si comincia con From Small Things (Big Things One Day Come) un rock n'roll che ha l'impronta del pub rock inglese.
Fu un cavallo di battaglia del musicista Dave Edmunds che lo inserì in un suo album (D.E.7) del 1982. Edmunds è l'inventore dei Rockpile e, nello studio gallese di Rockfield di sua proprietà, coniò tra la fine dei '60 e l'inizio dei 70 un sound derivato da quello americano dei fifties, con Chuck Berry in prima linea. Molte, quindi, le analogie con Springsteen il quale scrisse la canzone e poi la diede a Edmunds. Qui c'è la versione di Bruce registrata al Power Station di New York nel 1979. Bruce è orgoglioso di suonare una Gretch Country Gentleman per un brano inconfondibilmente rockabilly, molto energico e nervoso, che non ha i sax e le trombe della versione di Edmunds ma un tiro rock n'roll entusiasmante. The Big Payback è sulla stessa linea, un piccolo rockabilly registrato a casa dopo l'album Nebraska. Sola voce, chitarra e armonica per un pezzo che è parente stretto di Johnny 99.
Era la b-side di Open All Night. Più muscoloso è Held Up Without A Gun registrato dal vivo a Uniondale, New York nel Capodanno del 1980. Viene dalle sessions di The River e si sente, è anfetamina pura, una specie di punk rock corto ma fulminante. Non ha niente da invidiare ai Ramones. L'inizio sembra Bobby Jean ma poi affiorano anche Downbound Train e Janey Don't You Lose Heart, si intitola però None But The Brave. È una out-take di Born In The Usa e stranamente non fu inclusa in Tracks nonostante sia una pop song di grande spessore, con tutti gli ingredienti del romanticismo rock di Springsteen: voce in gran spolvero, perfette entrate di sax all'inizio e alla fine, assolo centrale di chitarra, il piano che sostiene una melodia di sicura presa popolare. Ottima canzone. Diverso l'umore di County Fair, un brano che si era sentito poche volte.
L'ambiente è quello dell'America di provincia, il ritratto di una fiera di fine estate in qualche contea di periferia; la musica è una dimessa aria folk da storytelter con una melodia che avvinghia il cuore con commozione. Siamo dalle parti di Sugarland ma non c'è zucchero. Ne esiste una versione con tutta la E Street Band ma questa inclusa in The Essential risale ad una registrazione fatta in California nel 1983 su un 8 piste con l'aiuto di chitarre e tastiere. Code Of Silence è un regalo di un concerto a New York durante il tour con la E Street Band del 1999.
Fu scritta con Joe Grushecky nell'inverno del 1997 e qui mostra tutta la durezza di una rock song ai confini tra Murder Incorporated e Living Proof. Chitarre a palla, voce rabbiosa, Weinberg picchiatore e un breve colpo di sax. Chiude il bonus disc Countin' On A Miracle, titolo di The Rising riveduta secondo lo stile di un country-blues acustico e registrata in una saletta del Southern Tracks Studio durante una pausa delle session di quell'album. "Fu filmata dal fotografo e regista Danny Clinch con una telecamera super 8. Terminavamo gli show del tour con il suo film. Questa è la parte audio." (Springsteen). Ammesso che con 42 canzoni si possa sintetizzare l'avventura musicale del piccolo grande uomo del New Jersey The Essential Bruce Sprìngsteen è il miglior modo per raccontarne la storia a chi non la conosce o la conosce solo in parte.
Buon Natale quindi.