Il texano Robert Earl Keen, i lettori l'avranno capito oramai da tempo, è uno dei miei cantautori preferiti da molti anni a questa parte, tra quelli che appartengono alla generazione affermatasi intorno alla metà degli anni ottanta. Mi piace il suo approccio musicale, il suo schietto songwriting, la sua perspicace capacità di penetrare l'animo delle persone qualsiasi e di descriverne la vita quotidiana, siano essi il casuale vicino di autobus, un amico di cui si conoscono pregi e difetti, un curioso personaggio di quartiere e così via. Mi hanno sempre affascinato le sue ballate ariose e ritmicamente sostenute, il suo country rock genuino e coinvolgente.
Perciò penso che le mie parole possano essere prese proprio per quello che sento anche se dovessero risultare forse non in linea con ciò che altri scriveranno o diranno in proposito.
Farm Fresh Onions è il decimo album della carriera, comprese le due registrazioni live, nel corso della quale dopo un lungo periodo di legame con la indie Sugar Hill ha cambiato tre etichette in sei anni. Stavolta tocca alla Audium di pubblicare la sua nuova prova che mi piace molto, se escludiamo però alcuni pezzi che lo portano ad allontanarsi dal personaggio che conosciamo, che lo spingono verso un sound eccessivo, che non sembra appartenergli più di tanto.
La cosa era già accaduta in
Gravitational Forces, due anni fa, dove Robert aveva inserito un paio di pezzi un po' "forzati", oggi questa tendenza non sembra terminata, anzi pare un filo accentuarsi. Il sottoscritto ritiene che sia un fatto che non dipenda da Robert, piuttosto dalle indicazioni della label che in una certa maggiore eccletticità della sua musica vede spazi più ampi di mercato, sta di fatto che ai vecchi suoi aficionados ciò non dovrebbe essere troppo gradito.
Sono sicuramente in linea con il personaggio e pertanto destinati a diventare classici del suo repertorio brani come
Furnace Fan, tipica fluida ballata delle sue che profuma di jingle jangle sound e offre un bel contributo solista da parte di electric e steel guitar,
All I Have Is Today un altro brano confezionato nel suo schietto ed immediato stile con un nuovo coinvolgente assolo chitarristico anche se il ritornello suona un po' più facile del solito, che sostiene che in una vita che sembra un sogno, priva di certezze e di persone su cui contare, l'unica via di scampo è godersi ogni giornata pienamente dall'alba al tramonto,
Gone On, un pezzo tra il reggae e il cajun con l'accordion che mette tutti gli strumenti in fila e che richiama un po' il sound dei Lovin' Spoonful.
Beats The Devil, un grungy southern rock dal brillante ritornello e la chitarra elettrica sempre bene in evidenza, che sottolinea come dalla lotta, dalla violenza, dal sangue nasca un forte desiderio di pace e di serenità; così chi ha combattuto, credendo anche di farlo per una giusta causa, ora desidera solo invecchiare in pace.
These Years, un'eccellente pezzo semiacustico, lenta ballad con toccante lavoro di violino, dove Robert scrive che passano gli anni ma si rimane soli, capita allora di non sapere più a chi raccontare ricordi e sensazioni forche le persone più care se ne sono andate.
Famous Words, una sorta di accorato lamento dall'andatura lenta e le tonalità notturne,
Let The Music Play, bel country rock con simulazione di vento e temporale in apertura, altra ballata delle sue dal delizioso accompagnamento strumentale, con refrain forse migliorabile e buon finale affidato soprattutto alla steel guitar. Si manifesta come una magnifica cover
Out Here In The Middle un pezzo appena sentito dal suo autore James McMurtry, uno small town blues con la bravissima Shawn Calvin alle harmony vocals.
Funzionano bene anche
Train Trek, travolgente electric rock blues che non da tregua dal superbo lavoro di chitarra solista e
So Sorry Blues un tosto electric blues che non è però forse il tipo di pezzo che ci aspetteremmo cantato da lui. Non c'è feeling però tra me e la title track, un brano che pure ci fa ricordare i Long Ryders con un'ammiccante farfisa che talora si combina con il suono della steel guitar, come neppure con
Floppy Shoes, il cui ritmo funky non mi convince affatto. Va segnalato a proposito di Robert Earl Keen che il mese scorso la Sugar Hill ha pubblicato una bella raccolta di classici del suo periodo indie,
The Party Never Ends, che hanno toccato lo status di preferiti tra i fans. Sono ripresi i pezzi più significativi della prima parte della sua carriera che è un piacere avere la possibilità di ascoltare tutti quanti insieme, anche se talora superati da interpretazioni successive.
Canzoni di riunioni nel giardino di casa, di parties fraterni, di scorribande stradali, di notti inoltrate, come opportunamente sottolineano le sue note di presentazione. Questi i titoli:
The Front Porch Song,
Copenaghen e
The Bluegrass Widow da
The Live Album,
The Five Pound Bass,
It's The Little Things,
Mariano e
The Road Goes On Forever da
West Textures,
I'm Corning Home,
Dreadful Selfish Crime,
Think It Over One Time,
Barbecue,
Merry Christams From Family e
Gringo Honeymoon dal saccheggiato
Gringo Honeymoon. Da dire soltanto che l'inserimento di qualche pezzo tratto anche da
Piece Of The Sky avrebbe reso più eccitante la festa.