X-RATED COWBOYS (Saddest Day of the Year)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Crescono in fretta i sogni di gloria de gli X-Rated Cowboys: avevamo notato le gesta di questi cinque ragazzi dell'Ohio circa un anno fa, in occasione del promettente esordio Honor Among Thieves, un collage di umori rootsrock e scintillanti melodie pop che li aveva proiettati tra le sorprese più genuine della stagione. Saddest Day of The Year segue a ruota quelle sensazioni e se possibile accelera la componente rock'n'roll della band, fornendo una delle versioni più credibili attualmente in circolazione del classico suono stradaiolo americano.
Il merito è in parte imputabile alla carica "mainstream" della loro musica, un rock leggermente spruzzato di radici, alla costante ricerca del giusto gancio melodico, qualcosa a metà strada tra Tom Petty e dei Wallflowers più ruspanti, ma anche ad una produzione e cura dei particolari (elegante confezione in digipack) in formato deluxe, che tranquillamente li può accostare alla proposta di una major.
Impressioni che erano già state sottolineate con il primo disco ed oggi rafforzate da un suono corposo, in cui chitarre elettriche sempre frizzanti (l'ottimo Andy Harrison) si amalgamano ad un tappeto di organi, piano e persino fisarmonica (Bob Hite), regalando profondità e compatezza alle canzoni del leader Quin Fallon, voce solista convincente in ogni situazione. Lo zampino in cabina di regia di un autentico rock'n'roll heart quale Dan Baird (ex voce dei mitici Geòrgia Satellites ed oggi produttore dal buon fiuto) non è un particolare di poco conto: spostato il baricentro verso gli amplificatori e le asperità elettriche, ha fornito agli XRated Cowboys una chiave di volta per il loro repertorio.
Just Can't Wait lascia apparentemente tutto invariato, una partenza in linea con le spinte poprock degli esordi, ballata ariosa e scorrevole, ma già la successiva Whoever You Are è di tutt'altra fattura: le chitarre cominciano a friggere, il ritmo si fa serrato, pur conservando un senso della melodia innato (ben rappresentato anche da Evicted).
Insieme ai riff roboanti di Behind e all'irresistibile tiro rock'n'roll di Saddest Day (compreso un duello all'ultimo respiro tra Harrison e Baird alle soliste) rappresenta il piatto forte del disco, saggiamente intervallato però da momenti di riflessione.
Diventano così protagonisti brillanti di un rock di impostazione tradizionale e ballate immerse in un'atmosfera più confidenziale: nel primo caso svettano soprattutto High and Lonesome e Stupid, delizie rootsrock che hanno ben assimilato la lezione dei primi Jayhawks e di tutta quella progenie di rock'n'roll band con un occhio di riguardo alla melodia, nel secondo si rischia a volte di sconfinare nella melassa (Fallen, il countryrock di maniera di Drinkin' For Two).
Pronti però a riscattarsi nel finale di Nowhere is My Home, pregevole poprock d'atmosfera con un solo di sax (Jerry Depizzo) nel finale. Lasciando un po' in disparte le origini del loro nome, questi cowboys hanno deciso di prendere il primo treno per la città: il viaggio è andato a buon fine.