PAT GREEN (Wave on Wave)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Con una mezza dozzina di dischi alle spalle, il texano Pat Green è un egregio rappresentante di quell'area country & western che pur attingendo alle stesse radici è estranea alle logiche e alle luminarie di Nashville e dintorni. Con questo, non è nemmeno l'ultimo degli outsider, perché il suo ultimo album, Three Days, ha scalato le classifiche americane e ai suoi concerti non è difficile trovare qualche decina di migliaia di persone che pensano di essere davanti al futuro del rock'n'roll. Un'intuizione che comincia a prendere corpo anche con Wave On Wave, un disco che sposta sensibilmente le energie di Pat Green verso un sound più corposo ed eclettico, che si avvicina agli stessi territori esplorati da Tom Petty, Bruce Springsteen e John Mellencamp.
L'accostamento con quest'ultimo viene spontaneo anche per via del produttore di Wave On Wave che è quel Don Gehman che a lungo ha seguito i suoni del Little Bastard, per poi dedicarsi, tra gli altri, allo straordinario e purtroppo senza seguito esordio degli Havalinas e a dare spessore (e successo) ai R.E.M.. La stessa missione che è stato chiamato a compiere su Wave On Wave, e si sente perché il suono è solido, corposo e dove non ci arriva il songwriting di Pat Green, lui ci manda l'energia della rock'n'roll band che lo sostiene e qualche trucco imparato con il mestiere. Compreso il fatto di far cominciare Wave On Wave con una sequenza esplosiva. Guy Like Me, l'apripista è una canzone che ha il drive della E Street Band, uno scorrimento tumultoso e un fuoco di sbarramento chitarristico davvero spettacolare che si esaurisce in un finale degno di un ultimo bis e di qualche fuoco d'artificio. La seguono Poetry che ha un violino e un andamento che ricorda da vicino le soluzioni di The Lonesome Jubilee di John Mellencamp e Wrapped con il mandolino e anche uno o due accordi di The Other Kind, la canzone che apriva uno dei dischi più belli e tormentati di Steve Earle.
Ascoltare per credere: un trittico iniziale così intenso non capita tutti i giorni, e poi Pat Green e la sua banda hanno facce che ispirano simpatia e non deludono anche se Wave On Wave (la title track) è fin troppo edulcorata, I'm Tired è un po' monocorde e Elvis sfrutta un titolo altisonante per un brano dai risultati tutto sommato modesti. Restano sempre dell'ottimo rock'n'roll (California), molto country & western (Sing 'Til Stop Crying) e delle buonissime intenzioni: i limiti del songwriting sono superabili e il talento non manca anche perché Barricades potrebbe essere una canzone di Tom Petty e If I Was The Devil dove si fa accompagnare da Ray Wylie Hubbard, non uno qualsiasi (almeno per noi) è un'intensa ballata che racconta le visioni di Robert Johnson con una prospettiva tutta texana.
La ghost track è una versione di Wave On Wave meno mainstream e decisamente più bella di quella ufficiale, con un violino dall'aria mariachi che suggerisce un paio di considerazioni. Pat Green è un bravo ragazzo, ha un grande rock'n'roll heart, una bella band e Wave On Wave è un buonissimo disco, che lo pone davanti ad un bivio: da una parte si ritrova in coda con Bryan Adams, e dall'altra, chissà, c'è una Copperhead Road ancora tutta da scoprire.