RODNEY CROWELL (Fate’s Right Hand)
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  Recensione del  31/03/2004
    

Superato li giro di boa i cinquantanni Rodney Crowell, cantautore texano divenuto famoso negli anni settanta/ottanta per aver scritto brani quali Till I gain control again, Leaving Louisiana in the broad daylight, I ain't living long like this, Even the cowgirls get the blues, American dream, Song for the life, sembra aver incontrato una nuova giovinezza. Due anni fa ha presentato Houston kid, concept album quasi autobiografico nel quale ha descritto la sua vita di ragazzo nella più grande città del Texas degli anni della sua formazione a quando si è fatto uomo. Oggi con Fate's right handtraccia un bilancio della sua vita descrivendo dove è stato e dove vuole andare.
Una proposta che tende a presentarci un uomo che vuole ancora andare "oltre la rotta", oltre il prevedibile e il controllabile, diversamente da quanto fanno i suoi coetanei che a questo punto della vita tendono a ricordare, a compiacersi, si rifugiano nella nostalgia, tra le pareti domestiche. La conseguenza di questa scelta è che Rodney ha abbandonato il progetto che ha cullato negli anni passati, owerosia il recupero del successo degli inizi, puntando invece sulla comunicazione, sul sentimento, sulla speranza. È chiaro che non gli interessa più entrare nelle charts quanto piuttosto fare ascoltare ciò che si sente dentro dentro. Ecco allora una raccolta di brani di interesse ed efficacia tutti di sicuro impatto e significato.
Una prova da inserire senza esitazioni tra le sue migliori in assoluto, data la sua forza e consistenza. In Still learning how to fly, country dall'andatura sciolta e scorrevole, c'è un invito a vivere ciò: che resta dell'esistenza con il massimo dell'impegno nonostante ci si trovi "a metà strada tra l'inferno e il paradiso". Nella title track, dai toni decisi e quasi impetuosi e il finale strumentale, si avverte un sentimento di protesta diffusa da farla considerare come il brano più vicino al punk mai inciso da Rodney. In Earthbound un motivo guidato dall'ottimo banjo di Bela Fleck e che può contare anche sulla presenza di John Jorgenson al mandolino e alla chitarra, viene elencata tutta una serie di importanti personaggi della cultura e della musica grazie ai quali vale la pena che la vita venga vissuta, Tom Waits, Aretha Franklin, Seamus Heaney, il Dalai Lama, Charlie Brown tra di essi.
In Time to go inward, un delicato pezzo country folk praticamente acustico che schiera come ospite alle armonie vocali l'affiatata coppia formata da Gillian Welch e Dave Rawlings, mettendo ancora in luce il mandolino di Jorgenson specie nel finale, ci si trova di fronte ad una sorta di ode della mezza, età periodo della vita nel quale è necessario guardare dentro se stessi e ispirarsi alla saggezza spirituale dei vari Gesù, Buddha, Hare Krishna che "sapevano fare agli altri le cose che tu vuoi siano fatte a te", in The man in me, un country & roll condotto dalla chitarra di Steuart Smith, che ha lavorato anche con gli Eagles, nell'ambito di un immaginario dialogo con una donna, rappresentata dalla vocalist Marcia Ramirez, c"è l'invito a non aver paura, a saper accettare l'aiuto altrui rivolto all'autore, che non si piace quando si guarda allo specchio.
In Ridin' Out the storm , una deliziosa folk ballad che ricorda in qualcosa The boxer di Simon & Garfukel, con Kim Rickey vocalist di supporto e un finale ricco di particolari interventi corali, ecco il fiero rifiuto da parte di un homeless di New York a accettare un cappotto offerto da Rodney in una gelida giornata invernale. In Preachin' to the choir, un pezzo bluesy rock dagli accenti gospel, la batteria in primo piano, i tratti forti e il travolgente finale strumentale, si coglie la raccomandazione che per trasmettere qualcosa agli altri non è necessario, anzi è inutile annullarsi, al contrario bisogna cercare di realizzare al meglio se stessi perché solo così si può dare a chi ci circonda.
In It's a different world now, splendida ballata dal delizioso assolo di chitarra acustica e organo della quale piace persino il bridge, c'è la sconsolata considerazione che la vita è cambiata in peggio da qualche tempo a questa parte per colpa dell'uomo e del suo egoismo. In Come on funny feelin' un pezzo rock con qualche concessione pop dal buon ritmo ed un originale spunto tastieristico che ha proprio il taglio del suo marchio di fabbrica, ci si imbatte nella consapevolezza che ci sono momenti nella vita in cui bisogna fermarsi a ringraziare per ci: che si è e perla vita che si conduce, specie se ci si trova faccia a faccia con la fine della propria esistenza, in Adam's song, una ballata registrata con sola voce e chitarra, scritta col pensiero ad amici che hanno perso un figlio durante un semplice allenamento di basket, c'è un accorato invito a rassegnarsi a vivere a lungo col cuore spezzato.
In This too will pass infine, cuna country song pulsante e viva come certe proposte dylaniane, con la sezione ritmica efficacemente coinvolta e l'armonica che riesce a ritagliarsi uno spazio espressivo, si ravvisano sagge parole di ottimismo per Carrie, la più piccola delle figlie, ovverosia la rassicurazione che la felicità è possibile anche se la si scopre solo individualmente, grazie a se stessi.