VINCENT NEIL EMERSON (The Golden Crystal Kingdom)
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  Recensione del  28/12/2023


    

È Cresciuto nell’East Texas ma in The Golden Crystal Kingdom, prodotto da Shooter Jennings, si avverte la necessità di tornare ad approfondire e raccontare la storia dalla parte della comunità / tribù dei Choctaw-Apache, filtrata da un’intertestualità materna, un passato visto più come oggetto che come soggetto.
È quello di Vincent Neil Emerson, emerge dalle giornate di un’adolescenza trascorsa a Forth Worth, la splendida apertura di Time of The Rambler, da ‘homeless’, vissuta in una macchina poi venduta per incidere demos, musica.
Riflessioni autobiografiche e di vita, in ballate elettriche sopraffine tra alt. Country e folk/rock (The Golden Crystal Kingdom a I'll Meet You in Montana), lo sguardo di Vincent Neil Emerson non resta mai intrappolato da una realtà delle cose più forte e profonda di chi sta provando a capirla e vederla.
Ottimi gli slanci elettrici (gran lavoro alle chitarre in Hang Your Head Down Low, le accensioni melodiche in Co'dine e The Man From Uvalde), tonalità mai conchiuse su se stesse, non rimangono sorde, isolate e incomunicanti le une rispetto alle altre (altre gran ballate Blackland Prairies e Voices (On The Spanish Isle)).
Ultimo squillo è la solida bellezza di Little Wolf's Invincible Yellow Medicine Paint, la guerra ispirata da un fumetto umoristico che riconduce in parte, alla famiglia materna, alle costrizioni del governo USA alle riserve in Louisiana.
Vincent Neil Emerson prende a calci l’aria come su una bicicletta scassata per lasciarsi indietro l’ordinario e raggiungere la famiglia, con la traiettoria di The Golden Crystal Kingdom come se fosse l’unica via possibile.