Tom Ovans, ‘one-man show’ per lo più in acustico, chitarra, armonica e lungo 17 brani non è semplice seguirlo, ma
The Cure regge la distanza parlando di amore, di un ‘Paradise Motel’, banditi senza tempo e mortalità.
Più ‘dylaniano’ dello stesso Bob Dylan, sporge da
The Cure (Title track compresa) e dalla composizione atemporale dell’insieme, il mondo di Tom Ovans diviso fra presente e passato: il presente dell’umanità e delle idee, il passato della messa in scena.
La bellezza della melodia tra pistole e soldi di
Lazy Driver, la vita difficile sulla strada di
Higher Ground, la mortalità tra rimandi bluesy in
Fading Light, ballate come un altorilievo romanico fra due superfici piatte, il talento di Tom Ovans è parte dell’immagine luminosa di The Cure, tra la calligrafia elettrica di
Gonna Miss You.
Dichiaratamente scenografiche, calde negli interni poetici seppur le scelte difficili di un’altra perla come
Stranger in This Town, segue la libertà che mette da una parte, famiglia e una casa, alla ricerca di un lavoro in
Earth Quake, e quando lo si trova, la paga, è sempre più bassa quando tendi a invecchiare e la tua donna viene pagata addirittura la metà..
Politica e religione guidano
Jesus Wears a Six Gun e trova felice espressione sul piano strettamente formale del titolo, trovando un po’ di speranza e amore in un’altra gran ballata,
Looking In Your Eyes.
Quota quindici, The Cure attinge al pensiero e alla testimonianza secondo il proprio filtro e, al tempo stesso, vuole mantenere una fedeltà di fondo, quella di Tom Ovans.