Luke Winslow-King mantiene un’identità tra rock, folk e sapori del Sud Americano osservati con gli occhi di un viaggiatore, perchè queste vignette di vita non sono altro che finestre su luoghi e persone che li hanno abitati e che vivono anche in loro assenza.
Un giro di amici strumentisti tra cui l’italiano, il chitarrista Roberto Luti,
Slow Sunday June apre alle sorprese, è come avere sul fondo il mare, la sua liquidità fatta di rock (
Winds of Aragón e la tosta
Have a Ball), lo scorrere dell’acqua e le onde, nel loro infrangersi sulla battigia in un andirivieni continuo, come la vita e la sua mutevolezza in un’apparente tranquillità solcata in
Honeycomb e quella gran ballata di
If These Walls Could Talk.
Luke Winslow-King è ancora capace di entrare nello spazio dei sentimenti e di essere in grado di comprenderlo (deliziose
Don't Tell Me I Don't Love You e
Love At First Sight), comprenderlo, e saperlo raccontare e suonare (
Lissa's Song).
Alle rive del Mississippi blues ci si avvicina perchè risucchiati (
Watch Me Change) e si abbandonano, se vogliamo, per la poesia finale liberata da
Leaves Turn Brown.
Come quando si è di fronte a uno spazio naturale, utile a concatenare in pezzi
If These Walls Could Talk seguendo un ordine lineare, onde ottenere un effetto autentico di trasparenza.