HAYES CARLL (You Get It All)
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  Recensione del  30/01/2022


    

Hayes Carll si lascia trasportare dalla country music e ribalta uno stato comatoso che durava da tempo.
You Get It All coinvolge sin dalle trame bizzarre di Nice Things, tra erba e gattabuia per un angelo di Dio, lo spirito dissacratorio è noto da tempo e anche quello rootsy texano in You Get It All conferma l’aria salutare del nuovo disco.
Help Me Remember è riflessiva e batte su problematiche e percorsi di vita di un malato di Alzheimer, una gran ballata (aggiungiamo anche In The Mean Time) che evidenzia come il talento di Hayes Carll è in fondo proprio come uno spettro: lo possiamo vedere anche con le luci spente di una strumentazione che torna a galoppare in Any Other Way, a definire un luogo dove il country è in transito.
Dove tradizione, modernità e contemporaneo, ricerca e sperimentazione, sono immagini di un Texas che aiuta a formulare sguardi inconsueti su You Get It All, non conformi nelle piacevoli Different Boats e The Way I Love You, dalla parte dell’outlaw country in She'll Come Back To Me e con un bel piglio rock in To Keep From Being Found.
Il fascino è spaziale in Leave It All Behind e nella conclusiva If It Was Up To Me, anche se vagamente profumata di atmosfere agresti, di un country assopito e serenamente marginale, sporcata dal centro di un songwriting che è poesia sottile della natura umana, un vivace canto a quel segmento brevissimo dell’esistenza così eternamente soggetto a inafferrabilità.