BLOODKIN (Black Market Tango)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  09/06/2021
    

Dalla Georgia, rock e radici dal debutto del 1994 sulla scia dei Drive by Truckers (ma di accostamenti ce ne sono tanti, ad esempio i The Jayhawks), nei dischi di Daniel Hutchens e Eric Carter (le menti di un quintetto) si continua a respirare l'amore per il minimo palpito del rock (i Bloodkin ritornano da un'assenza lunga 10 anni).
S'intuisce dietro le immagini di vita, politica e relazioni sociali di Transistor Radio e di John Coltrane in Nagasaki, un sismografo emotivo pronto a registrare il fremito più celato di amore per la melodia.
Black Market Tango è figlio di suggestioni del tempo, e reggono alla distanza, confermando una statura d'autore (Trashy, Beneath the Streets of Nashville e Gloryosky) che non riguarda tanto l'immagine del rock, quanto il suo divenire qualcosa d'altro in una temporalità a più dimensioni (contaminazioni americana&roots in Her Blues, Cantina Fever, Last Concert Cafe e Freedom Fizz), con possibilità combinatorie del piacere incalcolabili.
Questi movimenti vorticosi durano per 15 brani in cui il prima e il dopo si scambiano di posizione, rock e ballate elettriche sono temi, continuamente riproposti sotto spoglie diverse (Kids Are Cool, One Way Ride e Speed Freak Highway).
Sempre riuscendo a sciogliere il nodo concettuale che li attraversa liberando un continuo calore avvolgente, anche nelle tappe più lunghe, dai 6 minuti di Metal and Wood ai 13 conclusivi e appaganti di God's Bar, una storia scura in due tappe che ritorna in un'unica traccia.
L’immagine finale di Black Market Tango rafforza la storia dei Bloodkin, per niente inceppata sullo scatto tra passato e presente del rock.