Quartetto ruspante che si divincola in un orizzonte Texano piuttosto monocorde, i
Fools of the Trade sono di Seguin e suonano outlaw country & rock, l'arma vincente per il secondo disco, Southbound.
Nel sound c’è tutta l’atmosfera di bar fumosi ed equivoci, dove il whisky si spreca, le sigarette si accendono una dopo l'altra, ma non ci sono perdenti (come ci si aspetterebbe..) a far loro da contorno,
Slow It Down inizia a mostrare uno stile sovraccarico di chitarre che scorre veloce sul filo di idee semplici, e complici dei tempi di oggi.
Il country, usando le parole del poeta Francis Ponge è Liquido, preferisce ubbidire alla gravità texana nella convincente
Lost Soul, piuttosto che mantenere la propria forma, rifiuta ogni forma per ubbidire alla gravità di
Southbound, diviene uno spazio “infinito” per la capacità di raccontare i sentimenti in un movimento dolce (
Outlaw) o in forte subbuglio (
Port a Ferry Line e
No Sleep for the Weary).
I Fools of the Trade non tradiscono, sorprendono i sensi, un disco che respira, leggero, fresco, spontaneo come la conclusiva
El Guapo's Weed (Don't Go to the Donkey Show) e insieme si aprono varchi e passaggi negli interstizi più stretti del quotidiano, dilatandone gli spazi quel tanto che basta per viverli al meglio.