Primo disco solista per
Ethan Burns, voce carismatica e leader di una band coi fiocchi come i
Ragged Jubilee (con loro ha inciso Electric Mental State, ma ne parliamo a parte).
Illusion è un’idea nata nel 2014 quando ha iniziato a registrare delle demo, poi insieme all’amico Brenneth Stevens che lo tampina alla pedal steel guitar, ci accompagna tra riflessioni acustiche che sembrano nascere durante una lunga camminata in una notte da una piccola cittadina americana.
Una voce intensa, dolce e forte come lo sfondo country tra il malinconico e il riflessivo che balza improvvisamente in prima linea con la bellezza sprigionata da
Visions in the Mirror.
Illusion è introspettivo, sincero, sogni e desideri da un luogo assolato dove trionfano pensieri “tagliati” dal ritmo delle chitarre, che in un altra ballata di forte impatto come
Last Refrain, non sembrano perturbare la tranquillità da “eterno mezzogiorno” del paesaggio di Illusion, sobbalzi elettro-acustici comandano riflessioni sulla società e sui comportamenti umani.
E sono riflessioni sulle loro immagini, poetiche e visionarie, si nutrono del carisma di Ethan Burns (
A Million Miles a
Blood Runs, da
Adolescence fino a
Illusion), quella magica pedal steel a disegnare confini country, penetrazione di influssi estranei nella ballata incantatrice di
Long Lost Lover, come a recuperare la voglia di capire la tenerezza tra umani, quella che magari è fatta solo di uno sguardo, di un attimo velocissimo che segna un incontro che non rimpiangerai mai.
Ethan Burns si mostra sempre più ricco di spunti e sempre più attuale man mano il tempo scorre, piazzando l’armonica nel finale con
When the Stakes Get High e
Spirit Is Willing, come in uno spazio non dominabile che, a differenza del ricordo, non è oggetto di riflessione, ma serbatoio di nuove e inaspettate impressioni.