Il covid-19 annulla il tour europeo, scatta il piano B,
Quarantine Blues.
Un paio di settimane per incidere un signor disco di Rock, Lui che ogni tanto parte per una strada traversa e finisce per perdere di vista il nucleo principale, stavolta fa le cose come ci si aspetta da
Mike Zito.
Scorre una meraviglia
Don't let the World get you Down ad aprire un Disco vibrante, non ci sono ‘distrazioni melodiche’, le chitarre libere (nel cuore di
Looking out this Window) e testi che coprono un periodo complicato (le giuste variabili bluesy in
Quarantine Blues) sull’isolamento sociale che inasprisce il suono (tosta
Don't touch Me, schietta e diretta
Walking the Street).
Mike Zito attraverso la chitarra dialoga col mondo esterno, continua a confrontarsi, a sentire
Dark Raven quello che resta non è affatto un debole eco, Quarantine Blues si fonda sul niente che propina un beffardo Virus, su una visione che si forma nel buio, e il grido di Mike Zito che ne vien fuori ha una nuova, solida struttura nel rock (punge con altri indubbi meriti, sia in
Dust Up che in
Call of the Wild) e continuano ad aprirsi crepe verso un mondo a suo modo inesplorato.
Quarantine Blues è tutto giocato su corpi, spazi, tempi, passioni che sono costretti a slittare su piani differenti, sovrapponendosi, sostituendosi a vicenda, abbracciandosi e respingendosi con l’ottima luce della chitarra che illumina i 6 minuti di
After the Storm, Mike Zito la usa per aprirsi una strada in una prospettiva di vita chiusa, senza orizzonti, senza speranze, eppure ecco la bellezza di
Hurts my Heart che trasluce con l’acustica chiusura di
What it Used to Be.
Mike Zito compone e scompone con geometrica coerenza, storie che si incontrano sul filo di una tessitura rigorosamente accidentale, Quarantine Blues ha quel Realismo che ha il gusto dell'apertura poetica, da non confondere con le poesie dadaiste (ritagliare parole da un giornale, agitarle in un sacco e poi incollarle a caso su una pagina).
Questa è poesia del Rock. Altra cosa.