La band di Chicago da una ventina d’anni sulla scena rock Americana, riesce ancora una volta a trascinarci in quell’universo fittizio dove spazio e tempo del rock sono fattori labili.
In
Turn of the Wheel c'è l'irruzione violenta del reale e c'è l'improvvisa lontananza, l'incanto dei continui squarci “liberi” che le chitarre di Jeff Massey e Eric Saylors filtrano attraverso
Turn of the Wheel (title track compresa) dimostrano come la
Steepwater Band sia capace di aprirsi a derive cristalline nel rock.
‘Primi piani’ insistiti altro non sono, infatti, che un modo per indagarlo; anzi, di comprenderlo obbligando anche l’ascoltatore a trattenersi, ad assorbirne le melodie, la Steepwater Band (con un nuovo bassista, Joe Bishop) non ‘sgonfia’ mai l'immagine di Turn of the Wheel.
Tra
Trance e
Running from the Storm osservano le esigenze del ritmo e lo equilibrano con accorti dosaggi nel cuore del classic rock (deliziose
Make It Right e la ballata di
In the Dust Behind).
Turn of the Wheel si candida come un prezioso compagno di viaggio, alla cui affabulazione chitarristica è sempre più difficile, passo dopo passo, rinunciare, splendido il giro tra i 6 minuti di
Big Pictures e
Please the Believer, i testi sono come dialoghi semplici, quotidiani: si preoccupano che suonino “veri”.
I sentimenti sembrano distorcersi in
Lost on You, può accadere che talvolta se ne possa allontanare a mo' di penisola, restando cioè saldamente collegato alla terraferma, se ne accettano gli alti e i bassi della vita come le tappe di un processo educativo, e se disposti nei giusti "incastri" del rock (il finale con
Abandon Ship e
The Peace You're Looking For) accendono polveri di reazioni.
Ne moltiplicano la vis melodica in un meccanismo di ammiccamento che premia la Steepwater Band e anche gli incompetenti di musica ne beneficieranno.