Tedeschi, un duo, Christian Berghoff e Sebastian Haas, suono seducente si leva dalla strumentale
Swamp Ritual, poi si irrobustisce in
Jangle Bowls e
Hum, il fondo è il blues ma sopra si muove tanto e di tutto.
È un mondo variegato quello dei
Pretty Lightning, rock alquanto muscolare e incline alla psichedelia ma senza che tutto trabocchi, come tagliare il ramo su cui si siede e riuscire a farlo senza cadere per terra, vien fatto di dire, che si dà con
Jangle Bowls una prova di equilibrismo non facile.
Un quarto disco che offre spunti diversi, ammalia il passo leggero di
Greyhound e
There Is Ooze On Our Shooze, le sperimentazioni non sono solo accelerazioni, c’è che i Pretty Lightning sanno come richiamare in lontananza il senso del blues, quello della conclusiva
Shovel Blues torna alla mente e permette di afferrarlo più a fondo.
L’estrema densità di
Voo Doo Boo e
Boogie At The Shrine, da l’idea di una realtà sbilanciata, inclinata, dove l'obbiettivo sembra scivolare e lo sguardo sul rock diventa tremolante, ma mai insicuro, nelle tappe più libere di spaziare come
Eternity e
Rarara, i Pretty Lightning stabiliscono una reciprocità fra noi e ciò che la nostra memoria, perché no, anche il nostro cuore sa.
Se non siamo una maggioranza silenziosa e assorbiamo tutto senza fare una piega, allora Jange Bowls vale il viaggio allucinatorio.