I fratelli australiani Josh e Sam Teskey (voce e chitarra), dimostrano di avere personalità al secondo disco
Run Home Slow, un ulteriore scalino, non troppo stabile per come vanno alla ricerca di variazioni strumentali e orchestrali rispetto al folgorante esordio di Half Mile Harvest, ma anche se non raggiungono il sospirato capolavoro, Run Home Slow sa farsi valere.
L’impronta anni ’60 e ’70 è ancora decisamente marcata ed è la spinta ad andare avanti sia tra
Let Me Let You Down sia quando lo spirito di Otis Redding comanda le pregevoli ballate di
Carry You e
Rain, molta carne al fuoco, mai troppa con i
Teskey Brothers, nessun difetto, se non quello di lasciar il blues per strada, ma non c'è una pietanza che deluda anche quando la sezione fiati prende il sopravvento (
Man of the Universe).
Tra il gospel della magnetica
Hold Me e le apparizioni della chitarra elettrica (punge in
Paint my Heart e
Sun come Ease Me In e non ultimo, rende
San Francisco talmente solare da essere in grado di ribaltare un semplice contesto di squallori di automobili e cemento).
Run Home Slow continua ad andare alla ricerca di un passato, costruendosi artificialmente una memoria che la splendida
That Bird -scritta in una notte sulle sponde del Colorado River nello Utah- senza alcun intento consolatorio, alza su di un mondo complesso, ricco di accenti dolenti, sfumature e contrasti, il talento dei The Teskey Brothers.