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La band di Los Angeles è sulla scena del rock dalla fine degli anni ’80, ma il loro ultimo tour risale al 2007 con i Social Distortion, il frontman Bryan Small ha oramai alle spalle un passato difficile di alcohol e droghe, la band ovviamente è mutata nel tempo, ma restano i texani nativi, oltre a lui, Angelique Congelton al Basso, poi la chitarra dalla Florida di Jimmy James e il nuovo batterista, Jorge Disguster.
Cactusville è il loro settimo disco, Rock con vertigini punk ma dal finale melodico, i
The Hangmen partono in quarta,
Cactusville e
Lookin' For Blood agiscono da contrappunto allo stridere delle chitarre e alle dure percussioni, attorno a loro si costruisce non solo il disco, ma la sua stessa energia fisica, il suo ritmo.
Il rock gli fa da fondale, da quinta e da memoria, e i The Hangmen lo attraversano contagiando Cactusville con amore ed angoscia, se si pensa alle sue tante vite sbocciate sulla Hollywood Blvd, tra amore/odio per Los Angeles, di criminali e storie nude e crude all’ombra di
Man In Black's Hand e
Nobody's Girl, trascinanti e quanto mai avvolgenti, fra parola e vita nella deliziosa
Death Valley, come se inclinando su un abisso di incertezza, Cactusville sia pronto a offrire l'equilibrio dell'angoscia.
Piazzano una serie ballate convincenti lavorando con bei risultati su confini dell'‘american roots’,
Cold Memory Blues,
Don't Look Back,
Black Boots e specialmente in
Don't Count Me Out dove dal grigiore costante si libera, dal bel solo centrale, il colore come dopo un temporale tutto Californiano.
Cactusville, un Arcobaleno imprevisto.