Parlando dei diversi volti dell’America, introspettivo, tetro e profondo, nel suo procedere non troppo quieto,
The Saint of Lost Causes ha gli accenti mesti dell'innocenza perduta ma è condotto nelle origini del country/blues,
Justin Townes Earle aveva bisogno di sguardi nuovi, come di queste boccate di musica 'pura', emozionante.
Armonica, chitarre, l’aria che si respira verso la New Orleans di
Ain't Got No Money è salutare, e come dimostra il veleno degli oppressori nella West Virginia di
Don't Drink The Water o quelli che si respirano in
Flint City Shake It, il melodramma in sé ha molte facce e a seconda dell'influenza si trasforma tra blues e rockabilly/country (piace
Pacific Northwestern Blues).
Ahi Esta Mi Nina e
Talking To Myself mostrano come il lavoro di Justin Townes Earle non si sfilacci in mille direzioni, le melodie mutano, si spostano, si spalleggiano e muovendosi scandiscono l'evoluzione di The Saint of Lost Causes (la working class di sogni che mai si realizzeranno nelle altre ballate
Frightened by the Sound e
Over Alameda sono ben equilibrate).
Nota di merito alla storia cruda della splendida
Appalachian Nightmare, è la luce in cui è bagnato tutto The Saint of Lost Causes.