ALBERT CASTIGLIA (Masterpiece)
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  Recensione del  02/06/2019


    

Il chitarrista della Florida con Masterpiece ci mostra ad ogni brano, ad ogni inflessione alla chitarra elettrica, angoli e sentimenti del blues/rock insospettati: nessuna consolazione del già conosciuto, Albert Castiglia dalla fiammante bellezza di Bring on the Rain, parte dalle difficoltà della vita per nutrire continuamente Masterpiece della sorpresa della scoperta.
Co-prodotto con l’amico Mike Zito, ispirato da una figlia ancora non conosciuta, dalla politica e le controversie sociali, cresce l’alienazione del nostro mondo quotidiano tra i riff potenti di un poco di buono in I Tried to Tell Ya, Albert Castiglia canta senza peli sulla lingua, l’idea che ha sul mondo la spiattella nuda e cruda, osservazioni sulla vita dalla parte di un padre, un nonno, un marito e un cittadino del mondo.
Masterpiece rilascia lentamente i suoi segreti sul presente degli Stati Uniti d’America e sul futuro della famiglia nelle ballate di Heavy e Masterpiece, gran lavoro alla chitarra slide, il ritmo torna a essere febbrile e sconfinare in Keep on Swinging in un territorio mentale e metaforico, in un 'deserto dei sentimenti', si nascondono dietro la Biblica e tosta Thoughts and Prayers, si continua a Viaggiare e andare attraverso il rock, all’interno del blues, quasi Toccandolo fisicamente, palpandolo dentro le sue forme e mutazioni (per nulla immobile quando entra nella tradizione del blues in Too Much Seconal e nella conclusiva I Wanna Go Home, con le sue onde che si ritraggono e avanzano tra le dita di Albert Castiglia).
Costruisce alla chitarra nuove geografie, set stabili/instabili in Red Tide Blues, naturali e introspettivi in Love Will Win the War, percorsi affascinanti e coinvolgenti come quelli di Catch My Breath, reinventano il racconto di Masterpiece, un disco che come un buon film noir francese, entra nel fondo della nostra pupilla dove danza il suo riflesso memorabile.