Sgorga blues tra le alpi svizzere, con un passato da vincitore di un talent show tedesco (altro che le pagliacciate nostrane) il blues-rocker
Marc Amacher ha registrato il nuovo disco in un ristorante che ha chiuso i battenti, ma essendo ubicato dove è cresciuto, lo ha convertito in uno studio di registrazione e in una ventina di giorni ha scritto e inciso con la sua band,
Roadhouse.
Armonica e passo grintoso, voce rasposa,
Roadhouse apre percorsi pregni di grumi di aspra intensità e non si dirada facilmente, non si stemperano tra
Kid e
Jack Driver, blues e rock sono pronte a confondersi nuovamente in quel continuum musicale monocromatico, ma affascinante come
Valley of Tears, anche quando variano dal pulsare minaccioso all'incalzare prepotente del blues, con sonorità sempre avvolgenti anche quando punta leggermente i piedi (
Ride On e
Smoke Stack Lightning), i filamenti elettrici sono sempre ben amalgamati alle percussioni e alla melodia.
Death Letter e
Open Window ne riprendono lo stile, allargandone la portata, rock solido e muscolare, con l’armonica a rimpolpare
Down with the Blues e
Bluesman, un equilibrio tra questi due poli si rivela stabile e lontano dall’essere precario, per Marc Amacher (ascoltare i 6 minuti finali di
What She Say) è un territorio da saggiare, da guardare nell'atto di farne conoscenza.
Val la pena iniziare a seguirlo.