Il quartetto texano di Fort Worth continua a fare le cose come si deve, il classic rock lo masticano fieri, eccolo dunque segmentare lo spazio di
Qcnh, introdurre sipari e filtri melodici tra
Better In the Morning e
Suit in the Back, Sam Anderson (chitarrista/vocalist/songwriter) ne afferra l'attimo fuggente e i
Quaker City Night Hawks sono viziati dalla possibilità di fermarne l'immagine, di rallentarla, di accelerarla.
Accanto, l'intensità sotterranea del suo romanticismo in
Colorado e
Pay to Play, la sua aria svanita e il suo spirito tagliente, le luci di Qcnh restano mosse, sfuocate, bagliori di suoni invitanti salgono dall’ascolto di
Fox In the Henhouse, dalla roboante
Hunter's Moon e veniamo trascinati lungo una striscia di visioni «mosse» sul rock, chiare seppur in uno spazio compresso e stirato, con una fuga dello sguardo che insegue un senso nella ballata di
Elijah Ramsey.
Piace il modo in cui si immerge nell'acqua del rock ed emerge da essa periodicamente, il tempo si dilata in
Grackle King, la memoria a suoni anni ’70 si rafforza ancora, i corpi delle chitarre e la loro natura diventano ancor più febbricitanti nella chiusura di
Freedom e non impediscono a Qcnh di rintracciare la via di una forte, singolare originalità, che si traduce in una messa in scena che assume e fa proprie le emozioni del rock.