La messa in scena di
Distractions è presa da un moto ondoso di classic rock, si gonfia, si sgonfia, s’arriccia, spumeggia, s’alza e s’abbassa, avanza e si ritira, i
Dirty Streets concedono poca tregua, offrono qualche appiglio per rifiatare, ma non consentono di toccare terra spesso.
Si alza il ritmo della band di Memphis, come braccare accanitamente la realtà con la massiccia scossa di
Loving Man e
The Sound, per un altro disco (il quinto) breve ma intenso, i Dirty Streets sono così padroni del proprio materiale e della propria capacità autoriale da fornirci già in prima battuta la sostanza di quel che ascolteremo, vengono a patti con le proprie convinzioni, senza tradirle o accantonandole quando necessario.
Sono bravi a spingere su percussioni e chitarre, la voce di Justin Toland rallenta nella ballata elettrica di
Dream e nell’isola acustica di
On The Way, ma da
Riding High a
Can't Go Back torna ad aggredire così ferocemente, e la chitarra divora lo spazio del rock, lo divora, e lo divora…
Distractions (
Title track compresa) non è come i vini frizzanti, freschi, subito molto piacevoli, ma che non reggono la distanza del tempo.
È più strutturato (ascoltare
Death's Creep), anche se semplice da cogliere in
Take A Walk, anche se non ha bisogno di più attenzione in
Trying To Remember, magari di più passaggi, è di quelli che non muoiono, che passano le stagioni.
Distractions a un solo frettoloso assaggio è in grado di trasformarsi, mostrando tutto il proprio splendore.