Perseveranza e speranza, il Reverendo Peyton torna a confrontarsi con le risorse di una terra mai del tutto esplorata eppure conosciuta da sempre.
Una terra madre il Mississippi blues, ricco di venature country, la slide guitar pronta a costruirle e subito a sovvertirle, il corpo del racconto di
Poor Until Payday.
Sprizza vivacità
You Can't Steal My Shine, il trio
The Reverend Peyton’s Big Damn Band (con la moglie e il batterista Max Senteney) sbilenca come la creatività del suo autore, attraverso il blues in
Dirty Swerve e
Poor Until Payday, per happening di pura atmosfera, privo di zavorre psicologiche, l’armonica e la chitarra slide entra nel solco di un’eccentricità vivificante anche nelle tenebrose
So Good,
Me and the Devil e prende per mano
Get the Family Together.
Splendida la ballata in solitaria di
Church Clothes, una via di emancipazione dalle inquietudini che ci opprimono, con la chiusura di
It is or It Ain't a rendere Poor Until Payday ancor più prezioso dell’oro se lo si ascolta nel modo e nel verso giusto.