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I sentimenti legati al classic rock schizzano via prepotenti nel nuovo disco di
Hunter & the Dirty Jacks, non più stordente come in passato, ma
Chase the Moonlight ferisce e trascina, ridando nuova forma e spessore a chi era rimasto schiacciato dal solido
Single Barrel.
Il lento incedere dell’armonica apre
Tumbleweed, la voce calda di Hunter Ackerman e le chitarre di Carmelo Bonaventura e Jon Siembieda iniziano a srotolare note e ricordi di rock ‘n roll, prendendo sempre più vita, diventando più sincere in
Highway 1, più sfacciate, più coinvolgenti in
Liquor Store Fedora.
Chase the Moonlight è una vera finestra su uno spaccato del rock e si sente che gli Hunter & the Dirty Jacks lo vivono quotidianamente dall’interno, briosi ringraziamenti alla vita hanno gli umori di un epitaffio nella brillante
Forty More Days and Forty More Nights che sa compiacersi delle proprie ruvidezze elettriche.
Senza nascondere nella superficie avventurosa e fotografica del ricordo di
Roman Highway, una ballata raffinata che torna, idealmente, proprio là dove tutto ha preso il via: la carica spiritata del classic rock di
Cucify con la chicca finale di
Leave Tomorrow, 10 minuti di pensieri in bianco e nero che avvolgono amabilmente l’ascoltatore nel lungo gioco di sponde tra le 2 chitarre.
Vanno oltre le suggestioni espresse, per poi ritrovarsi persi dentro lo spazio dell’armonica, è solo luce a più dimensioni per gli Hunter & The Dirty Jacks.