All That Reckoning è un disco che scruti a ogni movimento, ti tallona a ogni nota e sembra che il fragile mondo, politico e sociale, descritto dalla voce dolce di Margo Timmins e solcato dalla chitarra di Michael Timmins, non sia affatto cambiato, al contrario dei
Cowboy Junkies.
Carriera trentennale che trova ancora il modo di sorprendere, folk & rock, testi profondi e ispirati, come le ballate, dalla sinuosa bellezza di
All That Reckoning, Pt. 1 che poi sembra scomparire in
All That Reckoning, Pt. 2, con quel ritmo proprio, così sferzante e improvviso, come lo sferragliare della chitarra in
Sing Me a
Song e Missing Children.
Note positive del paesaggio di All That Reckoning, ampio, brullo, metafisico nelle riflessioni ammalianti di
The Things We Do to Each Other sulle diverse manipolazioni del potere, la profondità dell’animo è esaminata con cura e sull’acqua della melodia si scivola a lungo, cullati dalle onde calde di un sentimento, buono o cattivo che sia, in
Wooden Stairs,
Shining Teeth e
Mountain Stream.
Nose Before Ear si concentra sulle increspature delle chitarre, e lo fa molto bene, tanto che vien da pensare che All That Reckoning non è come quei buoni film dove tutto torna, si allinea più verso quegli ottimi, dove non riesci mai a chiuderne il cerchio.
Qualcosa resta fuori, resiste.
E quando si parla di musica, moltiplica gli ascolti.