Il primo disco dal vivo del songwriter/chitarrista
Steve Hill, è uno di quelli che sgorgano dalla terra del blues/rock dopo percorsi sotterranei che si conoscono (il progetto
Solo Recordings Volume 1, 2 & 3), come un lago che raccoglie le sorgenti più diverse e mescolano mille nevi in un’unica acqua, che poi prende un nome, e quel nome è quello di
The One Man Blues Rock Band.
Registrato in Quebec, Canada, 14 brani per 1 ora e 10 minuti, con le chitarre che sorgono e tramontano oltre il desertico abbandono di un paesaggio che appare subito nervoso in
Rhythm All Over, ‘inseguito’ con simmetrico fascino in
The Collector e una splendida
Damned in un andare senza sosta con struggenti fermate in
Out of Phase, dilatate dall’armonica in
Tough Luck e
Nothing New.
Il lavoro alla chitarra è dalle mille sfumature, si ferma sulla soglia del rock, guarda la scena col blues, improvvisamente illuminano
Never Is Such a Long Time,
Emily e
Still Got It Bad basate frequentemente sul dialogo stretto fra percussioni e da quel suono desolatamente strascicato che le corde della chitarra liberano, e in
The Ballad of Johnny Wabo, ogni riff è sottoposto al dilavare del tempo del rock.
La corrosiva
Voodoo Child (Slight Return) chiude con 7 minuti da incorniciare, tali da rilasciare quei detriti del rock capaci di riuscire a contaminare le vostre future giornate, di quelle che finiscono per replicarsi noiosamente all’infinito.