Le donne di cui canta
Sarah Shook non sembrano quelle ormai destinate a un matrimonio, figli, bella casa, un uomo che le ama in maniera incondizionata, ma di quelle che preferiscono seguire una pulsione vitale che al contempo le porti a fronteggiare la quieta disperazione alla quale il resto del mondo si consegna quotidianamente.
Al secondo disco, con le chitarre sempre affilate dei
The Disarmers,
Years si muove in territori terrosi in grado di stupire per come sembra fermarsi nel country, quello che incanta in
Good As Gold, che tende ad arrotolarsi sulla chitarra steel, che fa muovere i piedi in
New Ways To Fail.
Non ci sono molti cuori spezzati o intrisi di alcol in Years, ma quando capita come nella soave
The Bottle Never Lets Me Down, il discorso non può che allargarsi a comparazioni con l’uomo acide e poco malleabili, ma le relazioni interpersonali Sarah Shook & The Disarmers le trattano con una buona dose di humor e con un country che entra sottopelle in ballate nervose e accattivanti,
Parting Words,
Lesson e
What It Takes, con profili western all’orizzonte che tornano, e come nella Genesi, il mondo fisico viene per primo, poi viene l’uomo, e con esso il male.
Honky tonks che trovano specchio in ampi paesaggi agresti da decifrare in
Damned If I Do, Damned If I Don't, visti da lontano nella ballatona di
Heartache In Hell, e infine la
Title Track e allora bisogna ammetterlo uno volta ascoltato Years : un disco singolare, potente e, in un modo tutto suo, bello.