Con
No Mercy In This Land siamo sempre più immersi in un blues che brilla di suoni dal quale non si può fuggire, in uno spazio continuo, ben definito dalla voce e dalla chitarra di
Ben Harper e allo stesso tempo invadente con l’armonica del 74enne
Charlie Musselwhite.
Dopo l’ottimo esordio del 2013 di Get Up!, tornano insieme a raccontare stati d’animo personali in tempi difficili ma anche con un accurata disamina sull’uomo e su quello che si merita (ad esempio, un Trump come presidente), l’inizio con
When I Go non può che essere torbido ma seducente, la chitarra inizia a scavare come l’armonica, scorre sottoterra come un fiume carsico e improvvisamente riaffora, delineano il fascino anche di
Bad Habits, mentre il paesaggio che avvolge la splendida
Love and Trust arriva dal profondo Mississippi, ancorché corrotto dall’“umana hybris” possiede un linguaggio melodico universale non meno persuasivo di quello verbale. È dunque nelle sue viscere che faremo ritorno?
Blues e rock scorrono come ‘senza guida’ nella robusta
The Bottle Wins Again (Blues), autorevoli grazie a una graffiante chitarra elettrica e alla spontaneità e naturalezza data soprattutto dall’armonica di Musselwhite e così tutto s’intreccia in No Mercy In This Land: passato, presente e futuro del blues, e insieme si condensano in
Found the One e sono come imprigionati.
Quasi manca ossigeno ma non si va in apnea, ecco un terzetto di ballate dove sale l’emozione, ingrediente-chiave del senso della necessità, dove è il frammento che conta, l’attimo in cui si coglie l’essenza tra il pianoforte, la chitarra e la voce di Ben Harper che elevano
When Love Is Not Enough, l'amore come il tempo del blues non ha un andamento univoco e stabile: dipende da come riusciamo a percepirlo, a viverlo.
Ecco allora che si dilata, si prende lo spazio e la durata necessaria in
Trust You to Dig My Grave, nella conclusiva
Nothing at All e colpisce in
No Mercy in This Land e negli ultimi sussulti di
Movin' On, con uno sguardo preciso e incombente, imprevedibile e mai domo di febbrile partecipazione agli sbalzi umorali dell’armonica che si accompagna con evidente sovraccarico al prezioso lavoro di Ben Harper.
I suoni di No Mercy in This Land sono come macchie: li percepiamo immediatamente, ci toccano, ci sporcano, attecchiscono su di noi e lasciano una traccia che continua ad agire nel nostro inconscio.