Il texano
Lincoln Durham, one-man band, sa come far brillare le chitarre e in special modo la cigar-box (c’è il batterista Chris Hausler che lo aiuta in alcuni brani, come la voce di Alissa Durham) su quel confine del Mississippi delta blues sforato da tempo con un suono scuro e psychedelico che si avvita su se stesso, ma riuscendo sempre a trovare la direzione da prendere.
Angeli e demoni rimbalzano negli inferi,
And Into Heaven Came The Night è il quarto disco, altra mezz’oretta spiritata (con un’unica pausa, la lirica
Laugh) ispirato alla vita di Robert Johnson, un disco di ambiguità fra un dentro e un fuori del blues, tra grovigli chitarristici affascinanti che non portano a una meta scontata, quando la porta della roboante
Heaven si apre, un’anima errante che viene dal nulla e nel nulla deve tornare a vagare, inizia a solcare And Into Heaven Came The Night.
Il fascino di
Preacher e
Feather è sempre ‘sospeso’ tra i colori oscuri del delta blues, riflessi ed effetti d’ombre invadenti in
Hate,
Gnaw e
Death dove il perturbante che incombe sulla tranquillità è come un malessere interiore rimosso e negato, destinato a esplodere, resta l’aggraziata
Grave dove il blues è quasi scarnificato e la convincente schitarrata di
Hero (chiusa troppo in fretta!) a concludere il breve ma cocente giro notturno di And Into Heaven Came The Night.
Una giostra il cui moto vorticoso alle luci dell’alba improvvisamente e lentamente si arresta, perché il giro è finito, ma di certo continuerà a esserci un futuro per Lincoln Durham.