Danielle Nicole cambia pelle al secondo disco,
Cry No More assume toni accesi nell’iniziale
Crawl, lucido blues-rock lì a mostrare un implacabile e acuta visceralità, una voce squillante e con un’idea alla base, presentare alla chitarra una serie di ospiti di eccellenza.
I'm Going Home introduce infatti alla slide guitar
Sonny Landreth, un brano uggioso e corposo, ma Cry No More è come un organismo narrativo pluridirezionale, una struttura a largo spettro (la ballata elegante di
Hot Spell e la leggerezza malinconica di
Bobby, il contributo di
Walter Trout per avvampare
Burnin' For You, all’intrigante R&B della
Title track che entra sottopelle e non vi molla).
Cry No More si sviluppa con ineffabile naturalezza, accompagnando l’ascoltatore in un crescendo che culmina nel tocco di
Kenny Wayne Shepard in
Save Me, con Danielle Nicole capace di traslare il blues/rock in
Pusher Man e
Someday You Might Change Your Mind, chiedendo a
Luther Dickinson, l’ultimo ospite, di portarsi dietro un pizzico di Mississippi delta blues per la conclusiva
I Just Can’t Keep From Cryin’.
La voce di Danielle Nicole non può che ricordare Janis Joplin per il modo in cui era pronta a donare, strappandoselo dal petto, un pezzo del suo cuore.
Era bello poterlo prendere, quando ancora era possibile.
Cry No More cerca di ricordarcelo.