Le relazioni interpersonali comandano sin dalla deliziosa
Flawless, danno il giusto pepe e non ci va di certo leggero la front woman
Dorothy Martin che canta di un viaggio spirituale lungo
28 Days In The Valley, ma è l’amore e le sue fregature a dettare gli input nervosi, la donna come civiltà/trappola, che minaccia di inscatolare l’uomo in tutte quelle cose che un mondo basato sull’azione virile cerca di evitare come la peste.
Il rock non può che aggredire in
On My Knees, ma è anche lirico e riflessivo in
Pretty When You’re High e
Black Tar & Nicotine, la band di Los Angeles dei
Dorothy conferma le note positive dell’esordio di Rockisdead, del 2016, a qualche sfuriata nel punk con
Who Do You Love fa da contraltare la corale piacevolezza di
Mountain, inseriscono l’imprevedibilità dell’intuizione nel rock, che eccede l’Insieme di 28 Days In The Valley, ed eccedendolo, così, lo salvano, specie in
Freedom e
White Butterfly.
Quei continui rimandi bucolici di 28 Days In The Valley non sono male, perfetti per le highways americane dove scorre
Philadelphia, e si ascoltano senza intoppi percorrendo con interesse crescente il tracciato scelto dai Dorothy anche in
Ain’t Our Time To Die e nella lunga schitarrata della trascinante
We Need Love. Amore, appunto.
Ma è la donna il punto di fuga dell’amore; è il cuore della spirale che avvolge 28 Days In The Valley.