Era ora, dopo lunghi 5 anni
Tom Chacon torna a parlare di lavoratori, immigrati che popolano zone poco visibili, con uno stile minimale per lo più acustico, una mezz’ora, breve ma utile a dipanare una matassa come gli USA, un insieme multilineare, composto di linee di natura diversa.
Le linee della pregevole ballata
I Am an Immigrant non delimitano né circoscrivono
Blood In The USA, ma seguono direzioni, tracciano verità in perenne disequilibrio, talvolta si avvicinano, talvolta si allontanano le une dalle altre tra la mancanza di lavoro e le disillusioni di persone che fanno fatica ad essere contenute nel mondo, chiuse, circoscritte, regolate, e che quel mondo lo guardano scappare e accartocciarsi in un’altra ballata magistrale come
Union Town e di
Blood In The USA.
Ogni linea è spezzata, soggetta a variazioni di direzione, biforcante e biforcuta, soggetta a derivazioni, tra l’armonica di
Easy Heart e una
Something The Heart Can Only Know che è un po’ sismica, non subisce evoluzioni, ma le parole producono scosse, come quelle dei contadini di
Empty Pockets e
Work At Hand.
Splendida chiusura con
Big as The Moon, l’armonica apre ai colori della chitarra elettrica che come un fiore è in grado di intrappolare l’ascoltatore in un labirinto di segni, di rimandi e di aporie dal profumo inebriante e misterioso.