La linea anti-Trump marcia su
The Visitor, il 72enne
Neil Young + Promise Of The Real si avvicina ai 40 dischi e non sembra voler mollare la sua protesta o se volete, delle semplici osservazioni politiche che i fratelli Nelson son felici di appoggiare a suon di chitarre fin da
Already Great.
Trump, il terrore del mondo, il terrore di fronte alla sua muta, sopraffacente inconsistenza, e di fronte a questo simbolo della metamorfosi perenne del mondo capitalista, The Visitor si muove a strappi,
Fly By Night Deal e la tosta
Stand Tall da una parte, alla ridondanza artefatta dell’armonica malinconica di
Almost Always contro la retorica studiata, come un trucco che si squaglia, come un’illusione che s’infrange contro la dura realtà.
The Carnival e
Children of Destiny, lasciano interdette, sembrano una prigione, impersonali come un catalogo IKEA, ma
Diggin' a Hole e la splendida chiusura di
Forever, ben 10 minuti, sembrano delineare uno di quegli Young ‘minori’ che rischiano di venir snobbati di primo acchito, ma che poi si rivelano passaggi fondamentali perchè fotografia dei tempi alla Trump, dei puntigliosi tasselli di un affresco psicologico a suo modo intrigante.