La prima impressione di
Darkest Darks, Lightest Lights è la densità di spazi, di situazioni, di parole, di luoghi melodici come labirinti fluidi e numerosi disseminati con cura da Jake Smith, aka
The White Buffalo.
Il ritmo la fa da padrona, e lo fa tramite un doppio filtro, il rock che spinge
Hide and Seek e soprattutto
Avalon, e la sponda bluesy di
Madam's Soft,
Madam's Sweet e
Nightstalker Blues, la storia di Richard Ramirez, psicotico assassino, figlio del Diavolo, non poteva che inoltrarsi nel blues.
Ma c’è di più, White Buffalo sa moltiplicare gli effetti espressivi della scrittura, modella il testo in funzione della sua (ri)affermazione come interprete completo e si alza in
Robbery e nella ballata di
If I Lost My Eyes, interessanti angolazioni che contribuiscono a determinare il prisma artistico di Jake Smith rappresentato dal ruolo del rock anche nel finale con l’ultimo guizzo di
The Heart and Soul of the Night.
Darkest Darks, Lightest Lights quanto mai utile per distaccarsi dal modo (virtuale) di mettersi tutti assieme attorno a un falò fatto di pixel.