Lo scatenato e prolifico frontman dei
The Black Crowes nel giro di 2 anni col progetto
Chris Robinson Brotherhood ha sfornato un disco e un Ep, un doppio disco dal vivo (
Betty’s Blends, Vol. 3) e quest’ultimo
Barefoot in the Head.
Come non voler bene all’istinto hippie di Chris Robinson, altro disco sicuramente importante anche se leggermente sbilenco ma capace di produrre una sorta di fascinazione, la necessità di ascoltarlo alla ricerca di ciò che ne fa, e
Behold the Seer apre degnamente 45 minuti attraverso i quali valicare gli abissi del tempo, trasformare alchenicamente le nostalgiche
She Shares My Blanket e una
If You Had a Heart to Break percorsa da una radiosa bellezza, a dimostrazione di cocciuta radicalità espressiva anni ‘70.
Quinto disco che contribuisce a tessere la trama di un collante universale per Chris Robinson Brotherhood, un pianeta sempre più inteso come una sorta di unica metropoli dai diversi quartieri dove e facile perdersi, con la dolcezza di
Hark, The Herald Hermit Speaks e nell’accoppiata pianoforte/steel guitar di
Blonde Light of Morning, Barefoot in the Head sembra raffreddare l’incandescenza delle chitarre, ma sono solo da ricercare perché non deludono in
Dog Eat Sun,
Blue Star Woman e nell’azzardo di
Good to Know.
Episodi come
High Is Not the Top e
Glow, abbracciano il country e la sua materia agreste, modellandoli con una naturalezza priva di sforzi tra armonica, mandolino, lap steel e banjo, non sono certo la fine di una spirale soffocante di dubbi ma l’apice di una miscela densissima e pregiata di compattezza stilistica.