Il sestetto dei
Banditos (tra l’Alabama e Nashville) non cambia il percorso del debutto omonimo del 2015, rock/country/soul sudista e sfondi psichedelici anni 60’/70’ e piazza con
Visionland tra intrinseche connessioni socio-politiche, di milioni di dollari sperperati per fantomatiche oasi ricreative e sotto la supervisione di
Israel Nash, una serie di scomposte, sovrapposte, ma avvolgenti melodie che si contorcono tra la chitarra del vocalist Corey Parsons e il banjo di Stephen Pierce senza dimenticare la voce di Mary Beth Richardson.
Intorno a loro girano una fusione di piani rock n roll (
Fine Fine Day) malinconiche larve ‘soul’ pronte a schiudersi (
Strange Heart,
Healin' Slow e
Visionland) in una precisa volontà di deragliamento tra la sezione fiati di
Fun All Night, si sprofonda nelle viscere del rock ma con possibilità di risalita.
La carne al fuoco è davvero molta in Visionland ma i Banditos la dosano con cura, mescolando attentamente i tanti ingredienti a disposizione e trovano più di un sapore anche nel finale con
When It Rains,
Still and Quiet e la trascinante
DDT, a dimostrare che si può fare un disco giovane e contemporaneo con i vecchi arnesi del mestiere: basta averceli.